Un corposo album omonimo per l’esordio dei lombardi The Inside, il cui moniker risulta quanto mai azzeccato per la capacità della band di esplorare in maniera introspettiva le emozioni più oscure e malinconiche. L’attitudine melodica, derivata da impulsi di puro rock classico, è quella che scava più a fondo, sotto gli strati di ghiaccio tagliente fatto di chitarre metal e di neve fredda fatta di atmosfere gothic rock che trascinano su sfumature oniriche. I ritmi non sono quasi mai sostenuti e si lavora più sulla solidità del basso massiccio e della batteria potente (di cui a volte però si perde qualche colpo sotto i muri di chitarre) che non sulla velocità, sottolineando ulteriormente l’importanza della parte melodica, padrona assoluta delle trame sonore della band.
Certo, diciamolo subito, il limite principale di questo disco è l’eccessiva fedeltà a suoni e arrangiamenti che dagli anni ’80 hanno traghettato i propri spunti fino ai primissimi anni del nuovo millennio ma che poi non sono più stati in grado di rinnovarsi, quindi questi 12 brani avrebbero potuto tranquillamente esser stati partoriti due o tre decenni fa e suonare più o meno identici. Il punto di forza degli Inside però è l’indubbio talento dei tre strumentisti e soprattutto il loro raffinato gusto compositivo (tanti gli esempi, ma l’assolo di chitarra di “Fairy Blossom” è sicuramente l’emblema della caratura di questa band) che, almeno per la nicchia di “aficionados” nostalgici di certe sonorità, fanno di questo disco un ascolto appassionante.
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