"L'ultima cena" è un disco di buoni contenuti che attingono dalla tradizione immaginifica e sonora di Capossela
Chi scrive storie in musica, mettendo le parole al centro, deve essere artigiano della scrittura e fare gavetta nella laboriosa officina della canzone d’autore. Ginez e il bulbo della ventola questo lo sa fare bene e, nell’ultimo album, racconta meglio il mal d’amore rispetto all’appagamento, l’inquietudine rispetto alla felicità. “L’ultima cena”, infatti, è un disco sul distacco che ha il sapore della malinconia dopo un addio. In modo pudico e sentimentale, Ginez scrive i suoi contenuti attingendo dalla tradizione immaginifica di Capossela, tra tentazioni jazz-folk e un estro compositivo da non sottovalutare. L’ascolto dell’album parte alla ricerca della libertà, seppur resti agganciato a continui riferimenti di “Viniciana” memoria, ma si intuisce subito che il ragazzo e la sua band hanno imparato a fare da soli, nonostante le marcate influenze.
“L’ultima cena” è la prima traccia dell’opera: le parole si incastrano alle corde di una chitarra acustica raccontando le contraddizioni portate in superficie da un amore finito. Fili di sonorità carichi di desiderio percorrono “Se vuoi”, mentre i versi di “Lampedusa” tingono di nero il mondo, sotto raffiche di vento freddo su gommoni di speranza. Ironia e sberleffo ne “La vanvera”, che nulla ha a che fare con il modo di parlare, ci richiamano in testa l’allegria grottesca di Mannarino ai tempi d’oro. Segue la ballatona acustica di “Requiem” e “Le stagioni di Marzia”, il cui testo erotico, scabroso, ci immerge nei desideri di un personaggio che diventa un disegno al suono della musica. Interessante l’espressività e l’interpretazione mobile, nel ritmo e nella pronuncia in francese, di “Canale Saint-Martin”, e l’ispirazione mai così vicina alla tempesta emotiva di “Abbracciami” e di “Buio che cala”. Alla fine del disco arriva dolce la combinazione della felicità che subentra dopo la paura ("Tu dille").
“L’ultima cena” è un disco dove è possibile sentirsi umano, dove le parole hanno un peso specifico importante. Tuttavia il nome della band ci resta incomprensibile e anche poco affascinante…
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La recensione L'ultima cena di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-02-16 17:45:17
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