Paolo Spaccamonti
Volume quattro 2019 - Alt-country, Bluegrass, Death metal

Volume quattro
18/10/2019 - 22:14 Scritto da Filippo Gualandi

Una liturgia crepuscolare dalla meditativa aura post-moderna

Una liturgia crepuscolare che, a piene mani, affonda nell’ombra di un paesaggio urbano, la cui collocazione temporale non risulta ben definita. Di questo paesaggio, le forme, che si susseguono alla vista, restano sì ingombranti tanto da placare ogni filtraggio di luce, ma dai contorni soffusi, donando ai passaggi musicali di Volume Quattro, ultimo lavoro del musicista torinese Paolo Spaccamonti, un’aura di meditazione post-moderna. 

La cifratura visiva di Volume Quattro possiamo trovarla nelle immagini girate da Donato Sansone per il clip di Ablazioni: come da etimologia, della parola stessa, osserviamo un girato in essenziale bianco e nero, pulito in superficie e privo di eccessi. Una peculiarità e denominatore comune dell’intero album. Restando in ambiti strettamente legati al brano poc’anzi citato possiamo identificarlo come un momento di intima solitudine, enfatizzato da riff di rimando post-rock intersecati con atmosfere di un trip-hop bristoliano di fine millennio.

Volume Quattro si erge su equilibri melodici dalla dinamica strettamente personale di Spaccamonti, un susseguirsi di armonie destinate a legarsi tra di loro in un unico flusso, per poi dipanarsi come una catartica narrazione arricchita di momenti di puro climax, identificabili nel brano Nessun codardo tranne voi e nell’interludio Fumo negli Occhi seguito da Tutto bene quel che finisce, i cui spigolosi e metallici tratti blues si scontrano con beat e droni abrasivi. 

Una sublimazione di qualche reminiscenza priva di luce radicata nel profondo, echi che sembrano musicare uno scenario ambientato in Louisiana, ma partorito dalla mente di Philip K. Dick.

I restanti brani, a partire dell’ouverture dall’evocativo titolo Cuocere le verdure e bollire le ossa, si stagliano su rimandi che intersecano sonorità dalle capacità lenitive, spaziando tra prefissi post e dark, dove la maggior espressione di questo connubio possiamo riscontrarlo in Paul dance.

Quella di Volume Quattro è un’antologia di episodi introspettivi dove Spaccamonti sembra aver voluto scrivere una colonna sonora per sé stesso, mettendo in musica immagini cinematografiche; oppure, proiettando la sua opera verso di noi, definendola senza alcun dubbio come una colonna sonora adatta ai nostri momenti più quieti in riequilibrio di serotonina.

 

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