C’è una cosa che da questo paese non toglierai mai, che è il gusto per un certo modo di fare canzoni. O di non farle. Se cresci mangiando una cosa per tutti i tuoi anni di formazione probabilmente arriverai ad odiarla in un certo periodo, amarla in un altro, capirla con il tempo, metabolizzarla e darla da mangiare ai tuoi figli, che la odieranno a loro volta e poi tutto il resto ancora finché non avranno figli anche loro. Le tradizioni nascono così, l’identità comune pure, credo. Succede con il pesce, i canditi, le rape. Succede anche con la musica, e con un nostro gusto per la canzone all’italiana.
Modugno, Mina, Ritz Ortolani, Paolo Conte autore e Paolo Conte cantante: questa roba ce l’abbiamo nel DNA. C’è chi la odia, chi la ama, chi la scopiazza, e chi ne fa un linguaggio proprio. Come gli WOW. La band romana torna con “Come la notte”, che come nei lavori precedenti gioca a tendere un filo tra Patty Pravo e Cinecittà. In questo disco non c’è nulla, ma proprio zero, che faccia pensare ad una risemantizzazione della tradizione della musica italiana, è un disco invece che se fosse uscito 50 anni fa non se ne sarebbe accorto nessuno. Ma riuscire a farlo senza sembrare posticci, derivativi, con solo stile e zero urgenza, non è semplice. Piacerebbero sia a te che tua nonna, e restano stilosi.
C’è la coda prog di “Niente di speciale”, che resta quasi sussurrata per tutto il brano e uno spropositato uso del vibrato su qualsiasi strumento, il basso grasso di “Nina” e i topoi lessicali della canzone leggera e delle interpreti femminili: la luna, il serpente, gli occhi, la notte, l’amore e la morte e il loro legame. Era facile stancare l’ascoltatore, o portarlo a chiedere qualcosa in più nel corso dell’ascolto, e invece “Come la notte” è un album che sa farsi ascoltare bene, facilmente, senza sforzo, senza richiedere un’attenzione cervellotica e allo stesso tempo senza portarti alla distrazione, alla noia. Arrivare a questo esplorando un certo gusto e certi riferimenti non è semplice, per niente. Gli WOW sono splendidamente vecchi, necessariamente classici, e molto bravi.
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