L’agonia della vita e la disillusione non spengono la fiamma dei Cajgo che non hanno smesso di credere in un mondo migliore
C’era una volta il progetto musicale chiamato Gnac e composto da Matteo Concolato e Marco Cristofori. Dopo un paio di pubblicazioni i due hanno deciso di cambiare forma assumendo i connotati di Cajgo, che da un lato è l’evoluzione del vecchio progetto ma dall’altro lato è un volo artistico tutto nuovo verso orizzonti ancora inesplorati che sorvolano i cieli del Sud America e del Nord Italia spargendo scie di rock alternativo attraverso le sei tracce di questo primo ep, intitolato “Patagonìa”.
Le sonorità della band spaziano soprattutto entro un corridoio immaginario che si delinea tra Il Teatro Degli Orrori e gli Afterhours, ma la caratteristica principale dei Cajgo sono i testi che appaiono come monologhi teatrali a volte più vicini al parlato e altre volte urlati a squarciagola. Il gusto per i giochi di parole rende poi particolarmente incisive e illuminate certe immagini, come i dubbi del protagonista di “Da grande” che confessa di non sapere “se son più portato nel porta a porta o nelle porte in faccia, nel faccia a faccia” o il flusso di coscienza ricco di allitterazioni di “L’assente”, soprattutto nel verso “…e mentre sento che non sento si assopiscon tutti i sensi per la gente che non sente e in un certo senso sembra assente, per la gente che non sente ma sentenzia”.
In questo disco c’è tanta lucidità che mette a nudo “l’agonia” (del titolo e dell’immagine di copertina) che caratterizza a volte questo “tempo che non ha più tempo per i sognatori e per il buon umore […] che non aspetta più i sogni per poterli realizzare” (da “Io”) ma sotto la cenere della disillusione si vede una fiamma ancora accesa che vuole esplodere.
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La recensione Patagonìa di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-10-31 18:21:00
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