Daniele Brusaschetto è non solo un veterano, ma uno cha ha attraversato gli ultimi 30 anni di musica cambiando faccia e suono: prima il death e il thrash metal, poi una pletora di gruppi vari e una lunga parentesi più cantautorale, con versi in italiano; adesso, con questo ‘Flyng Stag’ un ritorno al metal e al noise che è anche un ritorno al passato, a canzoni la cui ossatura risale all’adolescenza di Daniele , e che adesso sono state ultimate e arrangiate accanto al batterista Alberto Marietta. In effetti, sarà anche l’impronta della loro dimensione originaria, ma i sette pezzi del lavoro hanno un che di metal ‘da cameretta’. Un’aura ‘intima’ che contrasta, in maniera originale, con la media dei prodotti metal muscolari e pompati, e che è lo spazio in cui si giocano gli elementi più disorientanti e inaspettati di questo album. C’è una solida base thrash nel riffing e negli assolo, ma anche figure ritmiche e melodiche dal sapore math (‘Otherwhere’) mentre la voce di daniele passa dalla distanza post-punk di ’Stag Beetle’ all’alternanza clean/growl, un po’ à la Mike Patton di ’Fanculo Mondo’. Poco importa allora che sia anche una produzione non scintillante a contribuire a questa patina opaca e malinconica, chiaramente evidente nelle riuscite aperture melodiche di pezzi come la conclusiva, ottima ’From a Tight Angle’; pur senza osare troppo, Flyng Stag riesce a soddisfare le aspettative medie dell’headbanger, senza ricalcare pedissequamente il solito copione.
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