Musica come forma concreta di un cosmo artistico fatto di fotografia, arte, design e pittura: non vuole essere chiamato artista, ma quello che fa AVG sembra avvicinarsi molto a questo concetto, e lo dimostra anche nell'EP “Synesthesia”.
In un personalissimo 2019 scandito da frequenti pubblicazioni musicali, queste cinque tracce senza grossi riferimenti o note esplicative e totalmente autoprodotte possono ricondurre agli ambienti electro della techno e della trance: ci sono tastiere e drum machines che arrivano dritte come un ceffone, sia quando i bpm si alzano (come nel caso di Killer) che in situazioni opposte, con i pattern musicali pronti a spianare una avenue di retro-futurismo (calzante l'esempio di Venus).
L'ascolto può apparire disconnesso, sicuramente non è facilitato dalla sensazione di disorientamento che può assalire, ma c'è bisogno di metabolizzare questa Synesthesia con le giuste tempistiche: ascolto dopo ascolto il quadro diventa più chiaro, e si riesce a percepire con efficacia il discorso sviluppato in un disco che convince.
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