Gianni Togni ha ancora “bisogno di parlare” e lo fa con il suo linguaggio, senza strizzare ipocritamente l’occhio alle mode per piacere a tutti
La mia conoscenza della discografia di Gianni Togni va definita piuttosto “ignoranza”, poiché, prima di oggi, si limitava alla ben nota triade di successi: “Luna”, “Semplice” e “Giulia”. Non immaginavo perciò di scoprire un incontenibile fermento compositivo che non si è affatto fermato nel 1984 (anno di uscita di “Giulia”, la più recente delle tre canzoni succitate, mentre le altre due sono rispettivamente del 1980 e del 1981) bensì è giunto, con pochissime interruzioni, fino a settembre 2019, quando è uscito questo nuovo disco di inediti intitolato “Futuro improvviso”. Il cantautore romano ha infatti sfornato album con continuità fino al 1997, poi – dopo un silenzio discografico spezzato momentaneamente da “La vita nuova”, del 2006 –, dal 2015 sembra aver ripreso a pubblicare regolarmente, tanto è vero che questo è il suo terzo album degli ultimi quattro anni.
Poco interessato alle logiche commerciali e affatto incline ai compromessi, Gianni Togni ha continuato sempre ad essere se stesso anche quando i tempi imponevano mode diverse, dimostrando una grande coerenza e onestà intellettuale. Libero di esprimersi e autoprodursi con la sua etichetta, la Acquarello Music, le canzoni di Togni sono sempre orientate verso un pop cantautorale senza troppi schemi e non hanno mai cercato di “scimmiottare” sonorità contemporanee, preferendo tra l’altro le registrazioni e i suoni analogici rispetto alle fredde costruzioni digitali che, a suo dire, appiattiscono il risultato finale.
Questo nuovo lp si presenta infatti come un disco tutt’altro che moderno ma affatto privo di idee e ben allineato con le produzioni dei suoi colleghi storici, come Amedeo Minghi, Fabio Concato e Claudio Baglioni, rivolgendosi quindi sicuramente ad un pubblico adulto, che cerca canzoni pop leggere ed educate ma che facciano anche riflettere, forgiate con suoni puliti e curati e delineate da arrangiamenti che sappiano interessare, come qui avviene con il bell’utilizzo degli archi e con l’attenzione alle dinamiche che riescono a dare a ciascun brano una conformazione diversa, benché sempre in linea con lo stile del cantautore.
I momenti migliori sono “Tutti giù per terra” e l’acustica “Sorridi alla tristezza” mentre il primo singolo, “Vado via con me”, è quello che più risente delle sonorità tipiche degli anni 80 sebbene nel testo sia invece tra i più attuali, denunciando la perdita di valori per la quale “sta morendo la poesia e si sciolgono i ghiacciai”.
Togni ha ancora “bisogno di parlare”, citando il titolo del suo disco del 1997, e giustamente lo fa con il linguaggio che conosce bene, senza voler per forza piacere a tutti.
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La recensione Futuro Improvviso di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-11-07 18:46:36
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