Un primo esperimento poco blues con potenzialità che potrebbero essere sfruttate meglio
Colori caldi e motivi ariosi. Nel disco d'esordio di Giuseppe Spina non alcun c'è segno di umore blu, spleen o atteggiamento ferale che facciano scaturire quella serie di suoni, umori e sensazioni solitamente legati all'approccio con il genere blues: “Verde, bianco e...blues”, quindi, rimane solo un bel gioco di parole presente nel titolo dell'album, oltre ad essere una delle sette canzoni che contiene, ovvero quella di chiusura. I brani, infatti, sono più positivi e scanzonati di ciò che ci si aspetterebbe, con qualche passaggio country e rock in “Noi ci sentiamo liberi” e nel finale, ed intenzioni di fondo a tratti dirette verso il mainstream.
Ci sono brani più piacevoli (“Quando c'era LVI”) e altri meno (“Ragazzo senza tempo”), con alcune idee apprezzabili, passaggi ironici (“Uozzap”) e continui salti di genere. Si nota un miglioramento compositivo nella seconda parte, con un aumento della qualità creativa ogni volta che viene utilizzato un taglio ironico nella scrittura. Insomma, l'album appare un po' come un primo esperimento, una prova per spaziare tra gli stili e i pensieri, che mostra un cantautore con delle buone potenzialità, risorse che però potrebbero essere sfruttate molto meglio di come vengono messe a frutto in questa opera prima.
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La recensione Verde, bianco e...blues di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-10-28 17:24:27
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