A meno di due anni dall'uscita del loro disco di esordio “Cronache Carsiche” il progetto adriatico-milanese Unoauno pubblica il secondo album “Barafonda”: in appena 9 tracce (per un totale 24 minuti) riesce a concentrare una sorta di multiverso che, senza cercare la novità a tutti i costi, è in grado di appassionare e colpire l'ascoltatore.
In questo lavoro c'è tutto: gridato e sussurrato, declamato e cantato; ma soprattutto c'è la visione del mondo (sonoro e non) degli Unoauno. I testi, a tratti prossimi all'ermetico, trasmettono un sentimento di disincanto e di parziale accettazione della totale inutilità del vivere contemporaneo.
Le sonorità, sospese tra il post-punk e il noise, sono il vero punto di forza del disco che, benché eterogeneo, scorre uniforme. Impossibile non riconoscere i maestri che hanno influenzato il disco e, più in generale, il progetto Unoauno: dalla più ovvia e riconoscibile mano dei CCCP, fino ai Massimo Volume o al Teatro degli Orrori.
L'unica collaborazione esterna vede Pieralberto Valli alla voce per la traccia “Rivoluzioni”. Musicista, insegnante e scrittore è anch'egli originario della costa adriatica, così come tutti e tre i componenti degli Unoauno, e il suo apporto è decisamente in chiave “melodica”: “Rivoluzioni” è una tra le tracce più cantate e meno arrabbiate; meno punk, insomma.
“Barafonda” è un lavoro che può dirsi in linea con il disco precedente, il loro punto di vista non è cambiato e gli strumenti a loro disposizione sono rimasti quelli tipici del punk (o post-punk) e del noise-rock, è un disco che può essere a tratti monotòno, ma mai nel senso di "noioso": la voce è usata come una percussione, senza virtuosismi, ma con tanto da dire e da seminare nella testa di chi ascolta, pensieri che assumono significato solo dopo lunga riflessione.
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