I Giardini di Chernobyl nascono e ruotano intorno all’orbita di Emanuele Caporaletti, cantante, chitarrista e unico punto fermo della formazione. Già prima del 2014, anno della fondazione del nucleo originario della band, Emanuele aveva composto i primi brani che poi, elaborati con il bassista e il batterista dell’epoca, sono andati a comporre il debut album, “Cella Zero”, registrato e mixato sotto l’egida del sempre attento Giulio Ragno Favero.
Qualche tempo dopo la pubblicazione del trascurabile EP “Magnetica” la band subisce un cambio di line-up ma non appena rodata la nuova formazione il trio dà alle stampe questo “Duel”, di fatto il secondo lavoro sulla lunga distanza partorito da I Giardini di Chernobyl, sebbene possa considerarsi in qualche modo un “doppio EP”, considerando il fatto che, come spiega la band nella presentazione, metà dei brani sono stati incisi e prodotti da Marco Trentacoste alle Officine Meccaniche di Milano e l’altra metà da Manuele Pesaresi al Dyne Engine Studio di Castelfidardo (AN).
In realtà le due diverse produzioni si amalgamano abbastanza bene dando a “Duel” una veste coerente, con arrangiamenti che confezionano abiti oscuri con stoffe alternative e nu metal forgiate tra gli anni ’90 e i primissimi anni del terzo millennio.
La naturale propensione di Emanuele a cantare melodie malinconiche aggrappandosi alle note come ancora di salvezza per non cadere giù nel vuoto, in questo nuovo disco sembra trovare conforto anche nelle chitarre che in “Cella Zero” scalciavano e tiravano pugni nello stomaco mentre in “Duel” empatizzano con la voce e diventano un tutt’uno, un ruvido magma di inquietudine che viaggia ancora intorno al pianeta Deftones ma talvolta ripropone anche atmosfere vicine ai Marlene Kuntz e ai primissimi Verdena, quelli tra il demotape e il debut album. Con la band dei fratelli Ferrari & Roberta Sammarelli tra l’altro Emanuele condivide anche l’attitudine a scrivere testi che si costruiscono per immagini e suggestioni, facendo attenzione soprattutto al suono delle singole parole.
I Giardini di Chernobyl potrebbero aver trovato la propria forma e sostanza ideale con la formula di questo “Duel”, quindi auguriamo stabilità alla nuova compagine.
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