I Jennifer Gentle sono totalmente fuori moda, ma non è certo la prima volta. Lo erano anche quando si sono formati nel 1999, lo erano quando nei primi del 2000 sono stati messi sotto contratto dalla Sub Pop, etichetta icona del grunge americano e in ogni caso erano fuori moda pure rispetto al grunge. Lo sono stati quando hanno aperto concerti di band famose in tutto il mondo, quando sono andati a suonare negli USA, quando hanno registrato album sperimentali di drone, quando alla formazione di cui il solo Marco Fasolo ha fatto da sempre parte, si sono aggiunti i fratelli Alberto e Luca Ferrari dei Verdena e, ancora di più, oggi che tornano alla grandissima pubblicando un album di un'ora e 17 brani nell'epoca in cui le playlist sono preferite ai dischi e in cui le canzoni è meglio se non durano 8 minuti.
L'album si chiama come la band, Jennifer Gentle, quasi a ricordare a chi non li conoscesse cosa si è perso fino ad ora. Se vi foste mai domandati se possono convivere Piero Piccioni, i Flaming Lips di qualche tempo fa, l'anima di Syd Barrett, i Suicide, i Beatles sotto trip, i Queen dell'era pre-baffi, il rock'n'roll dei '50s, il funky bianco omaggiato da Beck in "Sexx Laws", le suite prog, il David Bowie di "Hunky Dory", gli Stones più tossici, Mark Bolan e i New York Dolls più un'altra caterva di band oscure da "storia della musica di un certo tipo", allora dovete comprare questo disco a scatola chiusa oppure metterlo in loop su Spotify, perché JG è una bomba, senza tanti giri di parole.
Non stiamo a fare il track by track perché un disco di 17 pezzi sorprende anche dopo molti ascolti e non stiamo neanche a paragonare i Jennifer Gentle alle band italiane che suonano in questo periodo, perché il gruppo di Fasolo è sempre stato un'eccezione e come tale va trattato. All'interno del disco troverete singoloni provenienti da un altro tempo come "Beautiful Girl", "Guilty", "Do You Hear Me Now?", esperimenti di rara oscurità come "My Inner Self", brani che iniziano con un mood da Summer of Love per poi degenerare ("Swine Herd"), qualche variazione sul tema "fluttuare nello spazio" tanto caro agli Spiritualized ("Oscuro", "Argento", "Spectrum", "Theme") e tutti gli altri che non citiamo solo per lasciarvi col piacere della sorpresa.
Un album che riassume e racchiude 20 anni di carriera, un paradossale best of di canzoni nuove, una celebrazione ma anche un veicolo per entrare nei nuovi anni '20 a testa alta, rimanendo sé stessi. Un disco fuori da ogni logica commerciale, che funziona al primo ascolto e che promette di funzionare anche dopo un anno. Meglio se ci prestate un orecchio attento per godere di ogni arrangiamento, ma potreste anche lasciarlo lì a girare, per soprendervi di quanta musica c'è dentro e, sovrappensiero, iniziare a volare.
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