I Caniggiah ci presentano un disco dall'ispirazione alternata ma che lascia intuire sensibilità e suono
Oggi parliamo di “Sol (O)))”, l’album che i Caniggiah ci presentano attraverso una prosa declamata in stile Afterhours, liturgicamente garage rock, fresca e senza tempo. Il loro è un accurato e accorato rimuginare in musica sull’implosione individuale, determinata dall’esplosione distruttiva di una relazione; è un turbinio di speranze disattese, di rimpianti e di foglie marce. C’è anche malinconia ad inquinare la dolcezza di un viaggio immaginifico, dentro canzoni fiere ma fragili. Forse allora il titolo dell’album sembra svelare una solitudine necessaria, da trasformare in bellezza, prima che diventi spavento.
“Sol (O)))” profuma di un’estate lontana dove tutti i suoni fanno da contorno a momenti che sembrano fermi nel tempo. I rumori delle dita sulle corde, le voci, le azioni, le emozioni: tutto appare naturale e sincero. Come il pensiero fisso di essere a “Milano centrale”, pronto per salire su un treno, immerso nel rumore del mondo, che arriva e se ne va; come il profumo del “Caffè” che ha il sapore di qualcosa di ormai perduto; come la bellezza di un ricordo (“Sei così bella”). I Caniggiah hanno un’inclinazione post-adolescenziale nelle atmosfere melodiche sfuggenti e nella scrittura genuina dei testi (“Impero”, “Una pesca gigante”, “L’albero”), da veder crescere; la loro ispirazione, a corrente alternata, a volte, risulta ripetitiva ma contiene energia misteriosa.
Una formula, la loro, che forse acquisirà carattere sulla lunga distanza ma che lascia intravedere sensibilità e suono. Da ascoltare.
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La recensione Sol (O))) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-10-31 18:47:33
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