Troppi brani e troppo lunghi in un disco privo di forma e di direzione, utile semplicemente a constatare l’indiscussa evoluzione dell’artista
Gere, al secolo Geremia Turchi, giunge a quello che lui definisce il suo “terzo album”, benché il primissimo (inciso a soli undici anni) era in realtà una raccolta di cover proposte attraverso le rispettive basi per karaoke su cui il nostro intonava, con la giovanissima voce ancora immatura, le sue interpretazioni piuttosto appassionate, senza preoccuparsi di eliminare la traccia guida che accompagna fastidiosamente le melodie vocali per tutto il tempo. Il primo album vero e proprio è stato quindi “Niente pane per i piccioni”, registrato l’anno dopo (il 2010) ma pubblicato nel 2012. Un disco che in altri tempi non sarebbe uscito dalle “camerette” degli artisti, poiché vi sono inanellati brani non rifiniti, contenenti alcuni spunti interessanti che però vengono affossati sotto una mole inesauribile di ingenuità tecniche, esecutive e compositive (giustificate anche dall’età dell’artista toscano all’epoca delle registrazioni) e con arrangiamenti a dir poco acerbi.
Questo excursus all’indietro nel tempo era necessario per parlare di questo nuovo disco di Gere, perché ha reso evidente il principale limite dell’artista: la mancanza di produzione. Gere infatti ha un discreto talento (tanto vocale quanto compositivo) e non gli mancano le idee, ma la sua scarsa conoscenza del mondo discografico non gli permette di scolpire con i ferri del mestiere le canzoni che nascono dal suo talento e dalle sue idee e quindi il nostro sforna pezzi ingiustificatamente lunghi che in questo caso sono anche posti uno dietro l’altro in un disco ingiustificatamente prolifico (24 brani!) e con influenze e generi che si mescolano senza altra logica se non quella di costituire, come Gere stesso afferma, il testamento della sua adolescenza sotto forma di diario degli ultimi 6 anni della sua vita e quindi “di esperienze, di sentimenti e di visioni, di viaggi, di racconti e di immaginazioni, filtrati attraverso il mio sguardo”, per cui difficili da collocare tra gli ascolti di un pubblico estraneo a cui non interessa leggere il diario di Gere.
Poiché le evoluzioni di questo artista negli anni sono evidenti, il consiglio è quello di utilizzare questi prodotti abbozzati (in particolare i pezzi di quest’ultimo lavoro, che contengono idee più originali a livello di scrittura e di arrangiamenti) utilizzandoli come promo per cercare un buon produttore che possa finalmente dare la giusta forma alla sua musica, in modo tale da pubblicare un “primo” album in grado di rappresentare le doti di questo artista senza annoiare.
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La recensione Gere di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-02-14 18:42:27
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