Un progetto tanto sgangherato quando inaspettatamente coerente.
Un progetto musicale ai limiti del krautrock, condito da titoli degni del Marinetti (Adhd add doc dop). Il futurismo, movimento dal quale sembra voler adottare l’attitudine caotica e rumorosa. Nel primo omonimo album della one man band genovese I mie resti la componente casuale, l’approccio quasi approssimativo, sembrano non inficiare il senso complessivo del lavoro. Un disco che procede coerente e spedito nonostante un bipolarismo sonoro ben evidente.
Rock elettronico cui elemento più sorprendente e la sintesi della formazione in un’unica persona, il risultato è molto simile agli (ormai compianti) Fratelli Calafuria rivisitati in chiave industrial. In alcune canzoni (“Autosabotaggio”, “Ciclope”), ho come l’impressione di avere a che fare con un Enrico Ruggeri black metal incazzato. Testi ai limiti del pretenzioso, a metà fra Battiato e i Litfiba, mi confondono le idee. I miei resti, ci è o ci fa? Sei canzoni che maturano una propria coerente poetica interna, nouvelle Domenico Bini, fortunatamente, un poco più serio.
Un progetto tanto sgangherato quando inaspettatamente funzionante.
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La recensione I MIEI RESTI di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-10-22 17:39:00
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