Una miscela oltremodo anemica e confusionaria di rock alternativo ed elettronica vintage 70s/80s, con qualche estemporanea posa progressive.
Fin dal titolo l’opera prima di Ferikmon (alle spalle un passato da batterista in alcune band alternative rock) si pone come un’appassionata esortazione rivolta agli esseri umani, nell’auspicio di un loro affrancamento dal progresso sfrenato e dalla frenesia della quotidianità in nome di una riscoperta delle proprie passioni e aspirazioni.
Se lo slancio concettuale risulta dunque ammirevole altrettanto non si può dire, ahimè, per il companatico musicale, oltremodo anemico e confusionario nella sua miscela di cupo rock alternativo ed elettronica vintage a cavallo tra 70s e 80s (siamo dalle parti degli Ultravox) con qualche estemporanea posa progressive (“Wasteland” e “Shrouded In A Mist”). In totale dieci brevi brani (meno di tre minuti la durata media) che, a eccezione di “Memories part.1” e “Apologize”, piacevoli nell’affratellare atmosfericamente Carpenter e Bowie, non brillano particolarmente per impatto e dinamicità, ancora troppo acerbi nei cambi di passo, nello sviluppo delle melodie, nella gestione umorale di voce e tastiere e persino nel dosaggio dei suoni.
In chiusura disco, a penalizzare ulteriormente il quadro d’insieme, una discutibile rivisitazione synth-plastificata del Bolero di Ravel, giusto a metà strada tra il cazzeggio e il vilipendio.
---
La recensione RISE UP! di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-11-29 23:03:00
COMMENTI (9)
Ho letto ora, e non mi aspettavo nessuna risposta, considerando che tutte le recensioni lette finora poi cadono nel più disinteresse totale delle persone. Nessun commento... niente di niente. La musica sta svanendo e sta dando spazio alla sola immagine. In ogni caso, anche fosse una sola persone ad apprezzare il lavoro fatto, per me è già positivo. Auguro Buon Anno a tutti.
Quanta spontaneità in questo commento. Commovente a tratti. Tutti musicisti. Tutti recensori. Buon Natale.
Vedendo la recensione ed i botta e risposta mi sono incuriosito e ho iniziato a sentire il disco su spotify. Sono entrato appositamente per dare la mia risposta. Mi schiero totalmente a favore dell'artista. La recensione sembra scritta più che altro proprio per mettere in cattiva luce qualcuno e questo la rende, effettivamente, poco professionale. Ascoltando bene le canzoni, dalla mia esperienza di collezionista di musica fin dagli anni 70, percepisco un totale nuovo modo di concepire la musica elettronica. Un elettronica non quadrata, ma volta alla ricerca di miscelazioni di synth. Si sentono influssi anni 80, ma le canzoni sono ben lontante da quegli anni. Ci sono intrecci di synth e melodice che non si sentono nei filoni rock anni 80 menzionati. Non capisco come il recensore non abbia prestato attenzione a tutte le sfumature che ci sono e all'arrangiamento delle canzoni. Forse per incompetenza. Molte canzoni, soprattutto Rise Up nella parte centrale, hanno degli intrecci di suoni e melodie che sono a dir poco geniali. Probabilmente tutta la cattiva recensione scaturisce dalla Cover di Ravel, che essendo un pezzo di musica classica per molti è intoccabile. Ma ascoltandola bene, più che rielaborazione sembra un citazione Elettro Prog della stessa. La struttura è ben studiata e anche qui, dalla parte centrale alla finale ci sono idee veramente interessanti. Concepire Bolero in questo modo è veramente originale. Mai sentita una rielaborazione cosi personale in questi ultimi 10 anni. Di solito le rielaborazione di oggi sono tutte lagne. Questa inveve ha carattere. L'artista meriterebbe sicuramente di più...... chi ha recensito, invece, dovrebbe sicuramente fare un bagno di umiltà. Ma per fortuna la recensione ha portato, nel bene e nel male, al mio ascolto, e quindi, nel bene o nel male, un ascoltatore in più per Ferikmon.
i
@antobel il problema non è la bellezza o meno delle canzoni ma la modalità in cui è stata scritta questa recensione. Avrei detto le stesse cose anche se la recensione fosse stata scritta ad un altro. È molto probabile che la mia musica non piaccia a nessuno, ma è la mia idea, e questo mi basta. Il reality non è una giustificazione, forse non hai letto bene. Il reality è il presente e con esso la musica è degenerata, e, come tale, anche l'elettronica che si ispira al vintage deve essere degenerata, secondo la mia visione. Perché il mondo sta degenerando. Il mio motto è LIBERTÀ. "Please feel free, to be want you want to be, in this fucking crazy world" ovviamente sempre nel rispetto degli altri. saluti.
Anche a questo giro torna la più comoda delle pietre di paragone per difendere la propria musica da sgraditi "attacchi esterni": quella della più totale vacuità dei talent show (peraltro condivisibile). Ma quei programmi sono né più né meno che la trasfigurazione della merda e francamente risulta fin troppo facile rapportarsi a essi per tutelare il proprio operato artistico.
A ogni modo, sì, esattamente, alla fine saranno i lettori a giudicare se avrò fatto o meno una "bruttissima figura". Giudizio del quale, alla fine, veramente poco m'importa. Spero soltanto che quelli più scrupolosi (e curiosi) abbiano l'onestà intellettuale di giudicare la mia recensione solo dopo aver ascoltato il tuo disco. Solo allora il cerchio si chiuderà.
@antobel Nella tua risposta hai usato il termine “PER ME”, e la cosa è ammirevole in quanto tale termine non traspare nella recensione, che, al contrario, è stata scritta in maniera tale da lasciar intendere che ciò fosse: “l'Oggettività”.
La recensione sembra basarsi su un gusto personale e sugli stereotipi tipici del genere elettronico anni ottanta. Genere con cui dici di essere cresciuto. Adesso siamo nel 2020 in un mondo diverso e degenerato (un mondo che sputa fuori musica dai reality con canzoni preconfezionate a festa da chi sta dietro la grande macchina e che manovra i fili) e l'elettronica, che “richiama” i tempi che furono non può essere la stessa. Deve essere degenerata e acerba, secondo il mio modo di vedere le cose. Non si parla di fiori rossi e di scampagnate estive. La recensione nel complesso appare abbastanza frettolosa e superficiale. Sembra basarsi proprio su quel preconfezionamento fatto di sviluppi e dosaggi musicali standard, proprio come siamo già stati abituati a sentirli. Questo allontana profondamente ciò che ho letto dal verbo “recensire” avvicinandolo al verbo “giudicare”.
Ripetendo a chiare lettere che il problema non riguarda il gradimento o meno delle canzoni, ma che una recensione deve avere ben altri connotati. Nulla da obbiettare riguardo i gusti ed i pareri personali che sono sacrosanti.
Di sicuro io non osanno e non infamo nessuno. Sono totalmente neutro nei miei giudizi e nei miei pareri e mi sorprende che ci sia gente che osanni qualcuno per una recensione positiva. In ogni caso, il termine “vilipendio” è un termine meschino e offensivo da usare, tanto più se usato in maniera ironica. Questo mette ancor più in risalto la superficialità con cui il tutto è stato scritto denotando un ascolto superficiale basato su conoscenze e preconcetti anni ottanta. Vilipendio è una parola che appartiene al diritto penale. Farne un uso con quelle modalità di scrittura rappresenta un'offesa gratuita mascherata da “sarcasmo” e questa non è altro che una caduta di stile e di professionalità. Cosa che trasparirà in maniera chiara ed evidente a chiunque si imbatterà in questa pagina ed avrà modo di leggere quella cosa che con presunzione è stata chiamata “recensione”. Hai fatto una bruttissima figura, te lo dico sinceramente, credimi. Non sono proprio sicuro se sono io che devo migliorare nella gestione delle tastiere o tu nel dosare i “cambi di passo” delle parole.
È sempre la stessa vecchia storia. Se scrivi una recensione lusinghiera sei un grande intenditore e ti leccano il culo, se ne scrivi una negativa sei un benemerito stronzo e ti infamano. Nulla di nuovo. Nell'esatto momento in cui un musicista (o presunto tale) decide in totale libertà di diffondere il proprio disco a destra e manca dovrà poi fare i conti con il giudizio degli altri, addetti ai lavori o semplici ascoltatori della domenica. Dovrà accettarne tutti i relativi feedback, positivi o negativi che siano. Ti piaccia o meno. Troppo comodo bearsi solo dei primi! In caso contrario significa che hai evidentemente sbagliato mestiere o hobby.
La mia recensione è figlia del tuo disco, che PER ME rimane un prodotto mediocre sotto tutti i punti di vista, a eccezione di quello concettuale, come peraltro ho scritto: francamente dopo tre ripetuti ascolti in cuffia non ho scovato valore aggiunto alcuno nelle tue composizioni, SECONDO ME praticamente semplici varianti di una stessa unica idea, sfribrata fino allo stremo. Non ho offeso né te né il tuo lavoro, utilizzando la parola "vilipendio" in una evidente connotazione ironica (e se vuoi provocatoria), come si evince dall'accostamento alla parola "cazzeggio", trattandosi di una rivistazione (PER ME discutibile) di un capolavoro epocale del grande Ravel. Già Ravel. Chiunque rimane libero di rivisitarlo come meglio crede, volendo anche con un rutto filtrato da un distorsore: per te forse rappresenterà pura avnguardia, per me rimarrà solo un rutto filtrato da un distorsore.
E comunque, per quanto possa confortarti, ti assicuro che sono stato anche fin troppo misurato nella mia critica, la quale, fidati, avrebbe anche potuto affondare ulteriormente la lama, trattandosi di un genere musicale - il tuo - con il quale sono letteralmente cresciuto e che dunque sento vicinissimo alle mie corde.
Noto peraltro, e qui concludo, che a oggi non sono state pubblicate recensioni sul tuo disco a eccezione della mia e di 4 misere righe scritte da un'altra testata. E allora la questione rimane sempre la stessa: "meglio parlare male di un disco, purché se ne parli, o meglio non parlarne affatto e farlo scivolare anzitempo nell'oblio?".
RIFERITO ALLA RECENSIONE DI BELMONTE:
Leggendo questa cosa mi sono un po' divertito poiché a me non sembra una recensione, ma tutta una serie di pareri personali e giudizi che si basano sui più classici stereotipi della musica.
Sembra, più che altro, uno sfogo personale di cattiveria e offensività.
Di tutto si può parlare tranne che di recensione che dovrebbe rappresentare un quadro neutro dei fatti (nel caso specifico dell'ascolto). Tutt'al più, se proprio si vuole dare un giudizio personale all'interno della recensione, quest'ultimo non dovrebbe contenere toni offensivi.
Il discorso dell'impatto, dinamicità, dei cambi di passo,etc.... è una mia scelta artistica.
Possono piacere o meno, ma non puoi dire che sono sbagliati e che non brillano. Tutto cambia in base ai punti di vista dell'ascoltatore. Giudicare e recensire sono due termini ben diversi. Tu hai giudicato, non hai recensito.
Sul Bolero dicendo che è “a metà strada tra il cazzeggio e il vilipendio” hai fatto una brutta figura ed una caduta di professionalità, se mai di professionalità si può parlare in ciò che hai scritto. Vilipendio è un termine offensivo e non professionale che non dovrebbe essere inserito in nessuna recensione, in quanto, usandolo, hai voluto dire che ho fatto la rielaborazione come per denigrare Ravel. Questo assume un significato totalmente falso e che non corrisponde alla realtà.
Secondo me quello che hai scritto e' veramente da persone superficiali a metà strada tra il cazzeggio e il cyberbullismo.