Primo appunto per il logo della band: un teschio bellissimo che ispira simpatia già al primo impatto. Non che i libri si giudichino dalla copertina, ma mi aspettavo un album dalla chiara matrice skate-punk. Ascoltando “Cavalieri Jedi”, invece, ha avuto come l’impressione di aver a che fare con un brano tributo dei Tre Allegri Ragazzi Morti.
Non ho a disposizioni i testi delle canzoni ma, Da menzionare nella stessa traccia, un verso dal forte impatto motivazionale ed ideologico che faceva più o meno così: “arriverà De Andrè vestito da cristiano con un occhio di vetro e un mitra americano, arriverà dai rapper con ali di gabbiano, distribuirà premi col manganello in mano”. Continuerò a cantarlo per l’intera settimana. Chapeau.
Ciò detto, un po’ come nell’armadio (dalle camicie a quadri alle Superga), un po’ come i vestiti, anche le sonorità anni 90 stanno segnando un ritorno sulla scena musicale (semicit). “Natale in Argentina”, il secondo album ufficiale della band genovese KiwiBalboa, è un piccolo compendio del sound italiano a cavallo tra il ventesimo e ventunesimo secolo: Da I già citati TARM al pock rock ironico e tagliente de Le Strisce, dalla versione più caotica dei Subsonica al poetico emo-core dei FASK (ben riscontrabili in brani come “Incendio”) sino ad arrivare alle influenze quasi ska-punk dei concittadini Meganoidi e ai momenti più schitarrati dei Ministri.
Davide Autelitano, voce e basso della band milanese, ha effettivamente supervisionato l’intera produzione dell’album decretandone un’ulteriore conferma. Un progetto che ricorda da vicino il già riuscitissimo esperimento degli Od Fulmine segnando, in qualche modo, una nuova epopea del rock zenese.
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