Atmosfere orientaleggianti in tempesta inaugurano il debut album di Dario Marandino, “Elisha in the chamber on the wall” con i soli 55 secondi di “INTROITUS: What was and what is to come”, in cui l’incontro tra le corde degli strumenti di Marandino (che in questo disco suona la chitarra, il mandolino e il bouzouki) creano onde travolgenti e agitate che si increspano altissime trascinate dall’oscuro vento di suoni profondi e gutturali del violoncello di Daniele Brenca. È solo l’inizio di un racconto sonoro quasi esclusivamente strumentale (eccezion fatta per i 3 minuti e 33 secondi di “Winds of May” in cui troviamo un testo di James Joyce e per i 4 minuti e 32 secondi di “The Moon at Aventide”, con testo dello stesso Marandino) dove a condurre i giochi è quasi esclusivamente la chitarra del compositore e architetto campano (ma milanese d’adozione), che crea ambientazioni diverse sfruttando un ampio ventaglio di tecniche, dall’arpeggio al pizzicato, enfatizzando talvolta con vigorose plettrate e altre volte facendo intonare al suo strumento melodie cantabili che diventano tema principale dei brani, raccontando stati d’animo e sensazioni proprio come se contenessero parole intelligibili.
Marandino si prodiga in infinite sfumature di colori, timbri e umori il cui scopo è quello di scandire il tempo, non tanto in senso fisico quanto in senso esoterico (una delle passioni dell’artista), attribuendo precisi ruoli alle altrettanto precise e rigide durate dei brani, e in senso metaforico, seguendo quel tempo soggettivo che parte dal ricordo del passato, vive nel presente e si proietta nel futuro, in cui “il presente è contemplato come tempo rinnovato, di risveglio, di ricerca interiore”. Per questo il tempo è anche un tempo spirituale, come molti titoli dei brani – e anche il titolo del disco stesso – fanno intuire: un tempo che, come sottolinea il nostro nella presentazione, costruisce un tempio intorno alla propria anima tentando di dilatarne gli spazi fino a raggiungere l’infinito e donarla così all’eternità.
Dopo la tempesta iniziale quindi “Elisha in the chamber on the wall” rappresenta un susseguirsi di eventi inqueti che infine trovano la loro soluzione nelle melodie più pacate e romantiche di “The Rose-tree” con cui si chiude questo ambizioso lavoro, con un finale sospeso, tagliato, perché evidentemente la “ricerca interiore” è solo all’inizio.
“Elisha in the chamber on the wall” è un viaggio introspettivo e decisamente suggestivo che grazie all’evocativa potenza della musica strumentale riesce a farsi universale accompagnando l’ascoltatore verso un’esperienza iniziatica.
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