Il ritorno della straordinaria band romana proietta in un viaggio fuori dal tempo dentro un universo sonoro intimo dalle tematiche universali
Nell’universo stellato e soffice creato dalla musica de I Quartieri il tempo non è un concetto cronometrabile con la fredda rigidità degli orologi e dei calendari ma è scandito da eventi più soggettivi, che rispondono solo alle leggi dell’emozione e della creatività. Per questo motivo i sei anni intercorsi tra “Zeno”, il loro debutto sulla lunga distanza, e questo secondo capitolo, intitolato ironicamente “Asap” (“As soon as possible”, cioè il più presto possibile) sono stati probabilmente il tempo minimo indispensabile per dare alla luce un album maturo e davvero ricco di ispirazione tanto negli arrangiamenti, che utilizzando ancor meno pennellate di colore rispetto al disco d’esordio riescono ad enfatizzare la componente evanescente e quasi shoegaze del combo romano, quanto nei testi, che con linguaggio leggero affondano le parole tra le pieghe del cuore ma riflettono anche sulla condizione dell’uomo moderno.
Questo tempo minimo indispensabile sembra poco più di un minuto o di un giorno se si pensa alla coerenza con cui le otto tracce del nuovo lavoro si legano a quelle del suo predecessore (e non a caso ritroviamo anche la buona vecchia “Spiaggia bianca”, già presente in “Zeno” – sempre come traccia numero 7 – riarrangiata con avvolgenti tappeti di synth che fanno effusioni soniche alle sinuose chitarre), eppure lo stesso tempo minimo indispensabile è sembrato un’eternità a tutti quelli che non vedevano l’ora di poter riascoltare il pop etereo e morbido di questa affascinante band, ritenuta tra i migliori eredi della cosiddetta “scuola romana” che ha tra i padri fondatori artisti del calibro di Niccolò Fabi, Federico Zampaglione e Riccardo Sinigallia.
“Asap” insomma non solo non delude affatto le aspettative ma eleva la portata del trio sublimando i dettagli, con un drumming sempre pulsante, con i falsetti stellari, con le incursioni elettroniche modernizzanti e con la cura con cui sono stati scolpiti brani intimi per sonorità ma universali per tematiche. Il singolo “Siri”, ad esempio, utilizza la metafora tecnologica per puntare il dito contro le atrocità della guerra in Siria, e così quel suo riff di chitarra irrequieto diventa una mitragliatrice sulle coscienze; oppure “Vacanze su Marte” fa riflettere, con la sua melodia che vola verso l’alto, su quanto sia dannoso vendere la nostra anima alla frenesia cui spesso costringono i ritmi dell’era moderna, perché “se non hai tempo non hai niente”, cantano i nostri.
Ogni brano di “Asap” è un Sole che brilla di luce propria nell’oscurità affascinante e malinconica dell’universo stellato e soffice creato dalla musica de I Quartieri, che speriamo possano continuare a disegnare il proprio suggestivo firmamento ancora a lungo, seppur con i loro tempi.
---
La recensione Asap di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2019-12-13 21:28:53
COMMENTI