Nel frullatore cantautorale dei Fargas negli anni ci sono finite tante cose: ci sono finite scaglie di Rino Gaetano, c’è finito un pizzico di Vasco Rossi, si riconoscono fettine sottili dell’altro Vasco (il Brondi) e anche vari brandelli di pop-rock d’autore con qualche spruzzata di folk e blues qua e là. L’addensante è la calda voce di Luca Spaggiari, che interpreta (e spesso sussurra) i suoi testi poetici e quotidiani andando a cercare il fiato nelle profondità più oscure delle sue viscere.
Con “Città animale” i Fargas giungono così al quinto lavoro sulla lunga distanza e la sua pubblicazione nel mese di novembre è quanto mai azzeccata perché le sonorità di questo disco sembrano tradurre in musica proprio le atmosfere e le diverse sfumature di grigio di questo mese, trasferendo negli arrangiamenti, curati e minimali, quello stesso sapore di nebbia e di pioggia e quelle ventate gelide tipiche del penultimo mese dell’anno.
L’album si articola tra morbide ballate (dalla splendida title-track alla delicata e sbilenca “Mappe”) ed episodi più ritmati (“Nina e le parole” e “Signorina anarchia”, forse dedicata alla stessa nonna di Spaggiari protagonista dell’album precedente, “Lei ha una pistola”) e conferma una volta per tutte la cifra stilistica di questa band modenese che colma le lacune lasciate dai cantautori più ribelli del passato ravvivando il cantautorato italiano del terzo millennio.
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