Immersi come siamo (attenzione, la parola immersione è parola-chiave di tutto il pezzo) in un mondo liquido, anzi gassoso fatto di condivisioni aleatorie di cause umanitarie in serie e di rapporti più o meno digitali più o meno insinceri, è quasi scontato che un disco come Sottomarini dei Senna non suoni a noi particolarmente gradito. Già perché il gruppo romano ha realizzato un piccolo gioiellino di indie-pop, dalle forti venature cantautorali, registrandolo tutto quanto in analogico, tramite quei vecchi dispositivi tutti bobine e nastri che neppure fossimo in una puntata di Mindhunter. Eppure la questione è molto più complessa di un semplice effetto vintage o filtro seppia. Già perché pezzi come Addio alla città, la bellissima Giulia (di gran lunga la nostra preferita) o anche Fiume non sarebbero potuti esseri proprio così come oggi li ascoltiamo senza questa immersione nei modi compositivi e nei processi produttivi del passato. I Senna insomma facendosi fuori dal presente è come se rimettessero al centro della questione i sentimenti provati a fiori di pelle, labbra e cuore, senza alcun tipo di diaframma tecnologico tra sé e il mondo. E allora Sottomarini ci funge da ottimo pretesto per immergerci, ancora una volta, anche nei nostri di sentimenti che troppo spesso per paura, distrazione o, semplicemente, poco tempo derubrichiamo in fretta. E invece no ci dicono i Senna, i nostri sentimenti sono davvero tutto ciò che possediamo ed è per questo che mangiarsi un fritto sul lungomare di Ostia conta di più del geotag pettinato il sabato sera quando si fa serata: l'uno è carne e cuore, l'altro solo mera apparenza, per di più dietro ad uno schermo. E così, assieme ai Senna, è bello immergersi in questa vita immersa nella vita un po' sporca di olio che sa di mare, estate e di frittura di pesce.
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