Confesso che dopo una giornata di post rock allucinato e narcolettico, imposto dai più alienati tra i miei amici, ho ascoltato con gioia quasi infantile questo assalto di poco più di otto minuti. Punk rock abbastanza tipico, sentito, scontato ed energico, quello dei Day After Rules. Chitarra e sezione ritmica procedono ostinatamente, con poca fantasia ma molta diligenza. Giulia è infinitamente più personale quando urla, dovrebbe farlo più spesso, invece che solo a tratti, e se allo street punk al femminile preferisse la Courtney Love di “Pretty on the inside” sarebbe perfetta (e in scarsa compagnia, in un’Italia in cui le donne al massimo gridano come Kathleen Hanna…). Qua e là qualche spunto metal poco funzionale, altrove qualche ridondanza poco felice, bello il finale di “In a cage”, in cui i Nirvana sono rapidamente quasi evocati in coda a una tirata a duecento di metronomo (tacca più, tacca meno…). Nulla di rivoluzionario, insomma, ma tanta onestà nel lavoro di questa band lombarda e nessuna concessione alla spensieratezza un po’ fasulla di un certo tipo di punk rock melodico.
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