Ad un anno di distanza dall'album di debutto, il percorso dei Bluagata si arricchisce di un EP che, come indica la stessa tracklist, incorpora una duplice anima. Positività e negatività si intrecciano in un lavoro compositivo dal sapore notturno ma che, al contempo, non si nega qualche sprazzo di luce. Si avverte come la loro musica non desideri essere assolutiva e di facile approccio, ma senza la necessità di calcare la mano. In questo aiuta sicuramente il minutaggio contenuto, in un contesto musicale tendente al noise in cui spesso ciò non rientra fra le prime necessità. Un dualismo fatto di luci ed ombre rappresentato non soltanto dalla copertina, ma soprattutto dall'ammaliante voce di Alessia, ben supportata da una certa maturità di scrittura della band.
Linee vocali evocative che provengono da un mondo oscuro, coadiuvate da un basso graffiante e da soluzioni di batteria che pongono le percussioni come elemento preponderante. Qua e là la batteria si tinge anche di sfumature più tipicamente elettroniche con ritmi industriali, seppur finendo per non risaltare in maniera azzeccata nel mixaggio. Particolarmente convincente è lo show-off ritmico a metà di "Sabba/Sabba", laddove anche il basso si mette in mostra con un riff piuttosto riuscito e coinvolgente. Tornando a parlare della voce, non si può non apprezzare la timbrica adoperata, scenica e diabolica ma senza risultare macchiettistica. Senza contare la poliedricità dimostrata in più frangenti, come il pulito tirato fuori in "Father/Poison" o i suadenti sussurri della conclusiva "Sabba/Sabba", traccia simbolica dell'intero progetto, ricollegandosi proprio al precedente LP del 2018. E proprio questa poliedricità vocale avrei voluto sentirla sfoggiata più frequentemente, viste le capacità di Alessia.
L'impianto sonoro vuole essere suggestivo, a tratti etereo, riuscendoci anche grazie ad un mixaggio sì asciutto ma allo stesso tempo corposo, benché a tratti si noti qualche incertezza nella pulizia complessiva. Lo stesso si può dire anche per le parti vocali, non totalmente messe a fuoco a livello melodico in qualche passaggio. Ma in un universo fatto di streghe, la pulizia non è forse l'elemento di prima considerazione. Fra l'altro, i brani sono stati prodotti senza eccessivi arricchimenti o imbellettamenti, ben prestandosi così al sempre importante scenario live. Un EP, questo "The Disguises of Evil", che rappresenta un importante switch per la band, con la scelta sempre rischiosa di passare dall'italiano all'inglese. Scelta che capisco, per la volontà di aprirsi all'estero, ma che personalmente non condivido: il rischio di far passare in secondo piano il testo e di non restituire una pronuncia ottimale è sempre dietro l'angolo.
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