Di Roberto “Freak” Antoni non ho un disco. Anzi, se mi chiedete una canzone, dico niet. Ha un posto al sole nella controcultura nostrana, ok. E che la sfiga ci veda benissimo o non ci sia gusto in Italia a essere intelligenti, ormai lo sanno pure i muri. Dunque poteva essere questa, l’Occasione. Invece mi capita un lavoro di cui è “soltanto”, con la pianista Alessandra Mostacci, ideatore e Gran Cerimoniere. Lontano dalle sue corde consuete, ma nemmeno troppo. Un progetto tra il serio e il faceto, “Ironikontemporaneo”, di poesia orale mista a musica. Ovvero pianoforte per parole in libertà, con incursioni di flauto, violino, piatti e contrabbasso. Formula artistica delle più antiche aggiornata ai folli ritmi della modernità. Più di semplici versi recitati, meno di un teatro-canzone, visto che Antoni squisitamente attore non è. Ma qui è sempre il capo-comico, l’istrione supremo che recita, con enfasi o ironia, liriche di autori più o meno noti, alcuni dei quali verosimilmente del suo giro bolognese.
Poesie sulla scìa del futurismo russo, faro ispiratore dell’intero prodotto. Una infatti, “La blusa del bellimbusto”, è dello stesso Majakovskij, mentre l’overture “La rivolta dei suoni”, un omaggio alla sua “La rivolta degli oggetti”. Dinamiche, surreali, sgangherate, volutamente contorte. Oppure dolenti e romantiche, col sottile fil rouge di una diffusa indignazione verso il Potere.
In rima o senza, altrove piene di allitterazioni e assonanze non-sense. Ecco perché, a pensarci, uno come Antoni ci va a nozze. Però stupisce non ci sia qualcosa di suo, alla luce del fatto che si dichiari, fra tante attività, soprattutto poeta. Vabbè, non questa volta.
Per dar più colore alla performance, si presenta pure come violinista impreparato o pianista improvvisante. Allora tutto torna, perché a violentare un violino o a pigiare a caso i tasti, son buono anch’io. Alessandra Mostacci, invece, è pianista di alto livello e si sente. Un tocco che ha la levità di una farfalla in amore. (Ascoltate 1ère Gymnopedie di Erik Satie e poi ditemi). La sua è una formazione classica, ma non mancano passaggi a rivelare familiarità con un certo jazz fifty-sixties, tipo il be-bop sgrammaticato di Thelonius Monk o quello sperimentale alla Bill Evans. Insomma, che altro dire. Un progetto interessante e lodevole a prescindere. Le vendite contano, certo, però ci vuole realismo. I due amici lo sanno e a loro il merito di averci creduto. Un disco che consiglio comunque, se non altro qualcosa di diverso. Che poi Antoni si ostini a usare le kappa, mai come oggi (ahimè) il tempo gli ha dato ragione.
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La recensione Ironikontemporaneo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-09-07 00:00:00
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