Einstein diceva che “la creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorge l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie” e l’esperienza artistica del polistrumentista triestino Giorgio Di Gregorio, alias Caspio, sembra far tesoro di questo concetto. Caspio appartiene a una generazione allo sbaraglio, schiacciata dalle false promesse e spesso incapace di reagire, o, come l’artista stesso dichiara, “una generazione che aspetta costantemente che qualcosa cambi, che spesso si dimentica di cosa vuole fare ed essere, di cosa può fare e di cosa può essere”. Questa è l’angoscia della sua generazione da cui Caspio trae creatività, la notte oscura da cui nasce l’alba della sua carriera artistica con il breve EP dal titolo emblematico “Giorni vuoti”.
Cinque i brani che compongono l’EP, benché l’opening “Il tempo” sia poco più di un’apripista, il cosiddetto sipario che si alza su un palcoscenico che prende forma concretamente con “Fingere” e prosegue per una decina di minuti in cui riflessioni, tormenti, disillusioni e sguardi di luce che tentano di squarciare la nera visione del futuro si fanno spazio a bordo di costruzioni elettroniche pulsanti che si ergono sul dualismo tra suoni sintetici e melodie positive, con un’anima electro-pop che indossa una solida armatura d’acciaio new wave.
Il protagonista dei testi si ritrova sperduto a “cercare quello che non ha più” come se ogni giorno fosse sempre più lontano dalla meta, che ovviamente è il futuro sempre più incerto. E allora “ti arrangi a vivere in questo frastuono” anche se “non c’è luogo dove dimenticare, nemmeno guardando il mare funziona” (“Statici”). La pausa strumentale “Riposo!” serve però a riprendere fiato, razionalizzare per non cedere all’angoscia disarmante e così arriva il gran finale con “Dopo tutto”, in cui Caspio ci ricorda che “fare le vittime è molto semplice” e che certamente la battaglia non sarà facile (“lo so che fa male, la paura è nostra complice”) ma non tutto è perduto e c’è ancora un “futuro da strappare, da prenderci, perché c’è, lo so che c’è”.
“Giorni vuoti” scorre velocemente ma al termine dell’ascolto lo stile di Caspio e il suo pensiero rimangono impressi facendo riecheggiare la voce di un artista che ha davvero qualcosa da dire.
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