Per la loro quarta fatica i toscanissimi OSAKA FLU scelgono una via impervia, lanciandosi in una manciata di cover di pezzi emblematici di diversi momenti della canzone italiana (lo spettro temporale va dal 1973 al 1997). Non sembra esserci un filo logico che colleghi le canzoni scelte, se non il fatto di essere dei pezzi enormi, importanti. Un muro di mostri, più o meno sacri.
Il tentativo è senza dubbio audace, la riuscita lascia un poco perplessi.
Niente da dire sull'onestà del trio, che non snatura il proprio stile di fronte a sette brani che sono quasi tutti fuori dalle loro corde. Prerogativa importante per chi si cimenta in una cover in studio, è appunto il lavoro di appropriazione. E quello c'è.
A mancare è la cura. "La Strana Famiglia" suona più arraffazzonato di quanto non potrebbe permettersi. Gli arrangiamenti non sono all'altezza della situazione. Viene annullato il crescendo irresistibile di "Io sto bene", le parole di Rino Gaetano e del trio Gaber-Alloisio-Colli si fanno strada in una caciara un po' facilona, mentre ne "Le Alpi", mancando la disperazione poetica di Fiumani, si perde tutto in un trenino punk, dritto come un fuso, intervallato da uno strano bridge dal sapore reggae.
Tuttavia funziona l'appuntamento con gli Skiantos, e anche quello con gli Afterhours, che vengono sballottati con cambi ritmici e una piacevole e pinocchiesca licenza poetica ("ridà i soldi al tu' babbo!"). Forse ci voleva in tutto il disco questo coraggio, questo divertimento per la scomposizione, che non è mancanza di rispetto, ma una prova di studio attento. A giocare un po' più arditamente non si sarebbe offeso nessuno.
A offendersi però è forse il povero De Andrè, relegato in chiusura, con una versione imprecisa e buttata via de "Nella mia ora di libertà". Per intenderci, dopo aver gridato "siete per sempre coinvolti" non si può sentire il "na-na-na". Non proprio il caso. O meglio, è una questione di qualità.
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