Tutti Fenomeni Merce Funebre 2020 - Cantautoriale, Rap, Indie

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Tra la trap e Battiato (con la benedizione di Contessa), Tutti Fenomeni è il nuovo volto del pop intellettuale

Che Post Punk non fosse altro che una predizione?

Cresciuto studiando pianoforte e flauto traverso e imparando a suonare la chitarra agli scout, Giorgio Quarzo è approdato al rap da adolescente per un unico futile motivo: esercitare la propria genialità fuori dagli schemi in perfetta solitudine. Smuovere il deus ex machina della scena indie italiana, il CEO dell’itpop è di per sé un certificato di qualità. A livello discografico, equivale a una denominazione di origine controllata per un pomodoro. Smuovere il frontman de I Cani, ignorandone fondamentalmente l’esistenza, a riprova dell’unicità musicale di questo ragazzo romano.

Merce Funebre, il primo album ufficiale di Tutti Fenomeni, non è certamente equiparabile a un album trap, genere con il quale, a dir la verità, Giorgio sembra aver poco punti in comune, se non la permanenza al Virgilio, il liceo che ha dato i natali a mezza scena capitolina. La trap è l’espressione più nichilista delle nuove generazioni, lo stesso nichilismo, assume tutt’altro valore in abiti da intellettuale, manifestandosi in affermazioni di questo tipo, “Mi sono prostituito come la scienza all’industria”; “I poeti morti non hanno tatuaggi”; “Voglio incidere solo dischi brutti così sarò sicuro di piacere a tutti” generando un’interessante crasi tra i Sorrowland e, le ormai compiante, Luci della Centrale Elettrica.

“Nichilisti col cocktail in mano che sognano di essere famosi come”…

Suvvia, non soffermiamoci sulle strofe altrui e prendiamo ad esempio Metabolismo, uno dei singoli più forti di quest’ottimo esordio: “cellule innamorate di un mondo accidentale\ siamo tutti creativi\ siamo tutti timidi \viscidi burattini si fingono senza fili”. Il theme from the cameretta con il quale è emerso Tutti Fenomeni ricalca alla perfezione quello del suo mental coach, conferire immediatezza alla poetica tagliente dei versi attraverso l’utilizzo di stereotipi nei quali ogni persona può immedesimarsi e, nel suo piccolo, sentirsi speciale.

La retorica cinica trova il suo perfetto corrispettivo musicale nell’impianto sonoro messo a punto da Contessa, sempre più a suo agio nel ruolo di produttore, che spazia dalla “trap” alle reminescenze elettroniche di brani à la Cosmo in un miscuglio di generi senza etichetta ma di sicura attualità continuando nel miglior dei modi la tradizione del nuovo cantautorato quanto quella del pop intellettuale inaugurata dal grande maestro Battiato.

“Si definiva anarcoide si vestiva come un impiegato”.

Un vero e proprio passaggio di consegne.

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La recensione Merce Funebre di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-01-20 16:57:00

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