Tra massicce trame rock che scivolano verso il punk e poi improvvisamente risalgono verso il pop, l’esordio della band meneghina è un ottimo punto di partenza
I 4ther Muckers esordiscono con “Lunatic Park”, un luna park surreale in cui si sale su giostre mozzafiato che anziché lanciare i corpi verso l’alto, muniti di cinture di sicurezza e tutte le varie accortezze obbligatorie, spedisce a tutta velocità dentro se stessi e senza misure di sicurezza alcuna. Si gira così vorticosamente tra “dissidi interiori, inquietudini e labirinti di pensieri sempre più intricati”, come spiega la band nella presentazione di questo disco, e si sprofonda in abissi introspettivi per risalire poi, sempre con gran vigore, verso la luce.
La morbida voce di Marco Mangundayao indica il cammino lastricando con melodie sinuose i ruvidi percorsi sonori rinvigoriti dalle chitarre di Mattia Pittau, che si reggono su una solida sezione ritmica formata dal nerboruto basso di Andrea Chiari e dalla scrupolosa batteria di Giulio Bellini. Le dieci composizioni che ne derivano assumono così forme diverse, come un liquido che cambiando contenitori prende sembianze diverse pur restando sempre se stesso. Questo liquido, che traccia dopo traccia comincia ad assumere un sapore riconoscibile, benché ancora molto contaminato, si aggrappa così a massicce trame rock (su tutte la title-track ma anche l’articolata “Little world”) che scivolano verso il terreno sconnesso del punk (“Mr. Bobblehead”) e poi improvvisamente sfidano la gravità per risalire verso un evanescente dream pop (il primo singolo “Sinner’s Praline” e la malinconica “Solstice’s Lullaby”).
Alternando “lunaticamente” ritmi e umori, divagazioni strumentali e coinvolgenti linee vocali, i brani di questo disco generano un impasto sonoro che punta tutto sull’equilibrio delicato tra potenza e dolcezza e nonostante la grande varietà di suggestioni riesce a dimostrarsi coeso e convincente.
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La recensione LUNATIC PARK di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-01-28 17:59:18
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