Ascoltando questo demo dei torinesi Carbona Abusers mi viene in mente la visione di un vecchietto inacidito che li bolla con un lapidario ma eloquente “beata gioventù”. Da poco tempo fuori dagli impegni scolastici del liceo (liceo che però gli ha permesso di conoscersi e formare il gruppo), i cinque giovanissimi punk-poppers piemontesi fanno della loro limitatezza di influenze un punto di forza: vogliono fare i Ramones, e questo fanno. E lo fanno anche con una discreta bravura. Per lo meno con la giusta maniera.
Il brano d’apertura è probabilmente già il migliore dell’ep, con le parole che si incastrano felicemente tra chitarre scalcianti e una batteria marziale. In “Segnali Di Fine” fanno capolino anche i Rolling Stones con quel riff finto-Paint It Black timidamente abbozzato e prematuramente abortito. Ci sono poi l’urgenza e l’istinto di Undertones e Adverts. Ma d’altronde questa è la loro frizzante vena bubblegum, che ha la sua essenza nel mischiare il punk con il pop, il beat con il surf, il garage con il rock’n’roll, le gomme con le caramelle, la sublime puzza dei volantini ciclostilati in proprio con la polvere delle cantine. I testi poi, per fortuna, per quanto ancora molto semplici, non si riducono affatto alla demenzialità nuda e cruda (filone letterario troppo spesso battuto dai seguaci di certi stilemi musicali).
I Carbona Abusers sono un gruppo entusiasta e inesperto, però con un demo fresco e vitale e, pur riproponendo un qualcosa di trito e ritrito, molte band dovrebbero prendere esempio da loro, se non altro nell’attitudine. Al limite potete sempre chiamarli per farli suonare alla vostra reunion dei compagni del liceo. Un unico "appunto", sull’acconciatura del bambolotto in copertina: sarebbe stato molto più consono un bel caschetto nero…
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