L’oscurità accattivante dell’esordio datato 2012, e sapientemente fortificata negli album successivi, finisce per impregnare in ogni suo interstizio sonoro anche il quinto lavoro dei Two Moons, secondo uno schema di gioco che, alla fine, non si discosta più di tanto dai consueti canoni melodici di certa darkwave pop-oriented: chitarre gelide e taglienti innamorate del delay, bassi minimali e ossessivi, un tripudio di tastiere notturne a fungere da collante atmosferico e un corredo vocale che per certi versi potrebbe ricordare una variante più anemica del buon Peter Murphy.
È dunque all’immaginario decadente degli anni ’80 più cupi (e alle sue più contemporanee trasfigurazioni – Editors/Interpol) che il combo emiliano attinge candidamente: dai Mission dell’opener Sex and Desire alla teatralità spettrale vicina al repertorio Bauhaus di Second Life, passando con disinvoltura dalle parti dei Chameleons in Take Me Back e This Is A Fire; senza disdegnare, occasionalmente, una malinconica radiofonia tutta tedesca (Nevermore) e riservandosi come congedo una ballata dalle tinte narrative in odor di Death In June (Look At Me).
Il tutto scaltramente condito da funzionali innesti synthpop che vitaminizzano – anche ritmicamente – un progetto musicale che rimane comunque, nella sua sostanza, piacevolmente derivativo e nostalgico.
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