Ogni movimento artistico che possa definirsi tale consta di un paio di capisaldi che l’hanno reso celebre e una serie di esponenti minori che, con le proprie variazioni sul tema, ne hanno fortificato le fondamenta. Trasformando una moda in vera e propria corrente espressiva. Dal ponente all’estremo Levante, negli ultimi tempi, in Riviera si sta assistendo a una splendida fioritura del rap, per chi è pratico della scena ligure, il nome di Bresh non risulterà nuovo. Il rapper di Bogliasco è balzato nelle cuffie di tutti collaraborando con gli esponenti più famosi della sua città, rivelando uno stile personale e arioso cui ritmo sembra scandito dall’infrangersi delle onde sulle scogliere di Nervi. A più di 5 anni di distanza dal debutto, col suo primo album ufficiale, il momento della consacrazione di Bresh sembra essere finalmente arrivato.
Che io mi aiuti è la conclusione coerente del percorso sino a qui intrapreso da Bresh coadiuvato dalla collaborazione di un unico produttore, Shune, che ha potuto cucire un abito musicale adeguato ad Andrea. Capace di dar vita a una versione più cloudy e orecchiabile del (generalmente) pesantissimo conscious rap. A metà strada tra la voglia di sfondare è quella di rimanere se stessi, tra il desiderio di scappare e la mancanza di casa, impreziosito dai featuring degli amici di una vita (Izi, Rkomi, Tedua, Vaztè), Che io mi aiuti è un riflettore puntato sul lato più umano del ragazzo, lontano da ogni forma di ego trip, e anzi, incentrato sulle proprie debolezze. Ci avrai fatto aspettare un po’, ne è valsa la pena.
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