Una band sorprendente che giunge alla sua consacrazione con il terzo lp composto da undici tracce visionarie e graffianti
Da poco meno di dieci anni il quartetto dei The Black Casino and The Ghost – formato da Elisa Zoot e Ariel Lerner (romani ma in cui scorre sangue internazionale) e dagli inglesi Gary Kilminster e Paul Winterhart (già noto per essere il batterista dei Kula Shaker) – si è presentato al mondo con “Falling into pieces”, un primo ep tutt’altro che timido, in cui la band ha subito posto le basi del proprio blues-rock suadente e a tinte vintage, condotto dall’intensa voce di Elisa. Con i due dischi successivi, “Some dogs think their name is no” e “Until the water runs clear”, la formazione ha sperimentato diverse idee, affinato la scrittura e tentato diverse soluzioni negli arrangiamenti, mettendosi alla prova tanto con le orchestrazioni complesse quanto con un folk minimale e dall’anima cantautorale, perfezionandosi anche nelle liriche dall’immaginario prevalentemente noir/horror. Con questo nuovo lavoro, “Farewell Marshal Brunswick”, che è il terzo episodio sulla lunga distanza, i BCATG si fanno graffianti, oscuri e corrosivi più che mai, portando ai massimi livelli la passionalità del blues corroborata da penetranti unghiate rock.
Viene davvero voglia di sbilanciarsi affermando che “Farewell Marshal Brunswick” è il disco della maturità dei BCATG, con le sue armonie ricercate, la sua ipnotizzante attitudine psichedelica e il continuo insinuarsi di pulsioni soul provocanti come serpenti che ti offrono una mela.
Difficile scegliere i pezzi migliori, anche perché si incastrano tutti tra di loro perfettamente, dipingendo storie ambientate in un futuro poco raccomandabile dalle sfumature fosche e apocalittiche, che terminano con la breve e sofferta “How was the world”. Praticamente “un addio al mondo come lo conoscevamo”.
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La recensione Farewell Marshal Brunswick di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-02-22 13:08:24
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