Giei spazia dall’hard al pop senza farsi troppi problemi. E il suo “Panic” suona fresco e immediato
Giei è lo pseudonimo di Marco Panichella. Giei/Marco è stato parte attiva di un discreto numero di band nel corso degli ultimi anni e, soprattutto, non si è fatto mancare nulla: è sceso a patti con il blues, ha suonato l’electro-pop, ha venduto la propria anima al punk, si è messo in affari con l’indie-rock. Fino a quando non ha deciso di mettersi in proprio: un primo, timido (un EP di tre pezzi) nel 2012 poi, ecco un disco più corposo e articolato: “Panic”.
Un album che riflette e assorbe più o meno tutte le esperienze della vita precedente. A pensarci bene, era inevitabile. Non c’è da sorprendersi, dunque, se Giei, bagnando l’esordio sulla lunga distanza, sia arrivato a una conclusione per nulla complicata, anche se impegnativa: esprimersi in piena libertà, senza porsi limiti di qualsiasi forma. Di conseguenza, le undici tracce presenti all’interno di “Panic” si dirigono in direzioni diverse e quantomeno imprevedibili. C’è tanto tiro, il che significa elettricità, chitarre belle affilate in odore di hard e pogo, ci sono un pizzico di blues e quel tanto di country rock, si assembrano momenti delicati e votati all’acustico, a volte percorsi da ventate da una beata malinconia che non stona mai, si insinua la leggerezza (il testo e, volendo, anche la musica, di “Sereno imbecille” spiega parecchie cose) si percepiscono echi di Prince e, come da autocertificazione, di Beck (però è vero, la conclusiva “Ci saranno miracoli” è lì a dimostrarlo).
L’assenza di omogeneità non è un difetto in un album come “Panic”, con ogni probabilità, almeno così crediamo, si tratta di una scelta, voluta e portata avanti senza farsi troppi problemi. Di certo, il “quasi” debutto di Giei suona fresco e immediato, al netto di una certa mancanza di innovazione che, peraltro, nessuno gli ha chiesto.
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La recensione PANIC di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-05-25 20:47:00
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