Sarà che è venuto prima il jazz, nella mia vita. Saranno certe parole che parlano da sole.
Così leggi swing, e ti si schiude uno scrìgno sul sogno. Come possano, per esempio, contendersi una rosa due gioiosi galantuomini del ritmo. Che bellezza, ragazzi. Mais que beleza, recitava un celebre motivetto carioca. Ecco. Partiamo da qui. Da Giorgio Tuma coi suoi amici alla volta di Rio. Un disco in cantiere, il patto che non si torna fin quando non prenderà forma. Tuma che non schioda da Ipanema perché conosce una ragazza, tutto il tempo al suo chioschetto di bebidas a strimpellarle canzoncine improvvisate. Gli altri a Copacabana, dove iniziano a buttar giù qualche idea. Proprio là, nell’hotel a 5 stelle sulla spiaggia, è prevista per il fine settimana una conferenza stampa di eco planetaria: Tre pezzi da Mille annunceranno il progetto di un disco insieme. Matilde rintraccia Giorgio e lo riporta a Copacabana. A questo punto il racconto si tinge di fantascienza. Tuma riesce a spacciarsi come lift ai piani, e un attimo prima di un loro incontro informale nel cocktail-lounge, si apposta dietro una tenda. Un’oretta di conversazione, durante la quale intuisce soltanto chi prende batidas di frutta, chi martini chi ancora guaranà. Particolari insignificanti, perché sgattaiolando leggero fuori dall’hotel, sente di averne assorbito la magìa. Si chiamano Antonio Carlos Jobim, Burt Bacharach, Caetano Veloso. Come un siero di freschezza languida e malinconia sottile, per poi dirsi, la sera stessa, che è fatta, c’è il canovaccio e si può cominciare a lavorare.
Il risultato è un gioiellino con farfisa sbarazzino e ballate acustiche in mirabile altalena. Un disco che Tuma, chissà, ha concepito nella propria stanzetta arricchendolo via via dei suggerimenti, fra gli altri, di Populous e Matilde De Rubertis, i cui innesti vocali mi fanno candidamente arrapare. Con “Samba De Verão” nel cuore, magari, un’eco infantile della pellicola “Un uomo e una donna” e un cd dei Pizzicato Five sotto mano.
Tutti episodi pregevoli, ma proprio tutti. Perché un giro saltelli, un altro ti lasci incantare, si tratti persino delle letargiche “M.Guitar” e “Shu Panda”. E se “The Stockholm Rollercoaster” ha un incedere vagamente “Take Five”, la conclusiva “Seven Days” ci ricorda che tutte le cose belle durano un soffio. Ascoltate questo disco, ne uscirete tumafatti. Come dopo una corsa o una passeggiata in un prato di nuvole dorate, in compagnia di amici o della vostra amata.
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La recensione Uncolored (Swing'n'Pop Around Rose) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2006-03-03 00:00:00
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