Birthh firma l' ennesima conferma, Whoa è l'apice del dream pop in Italia
Birthh, il moniker dietro il quale si cela Alice Bisi, è un progetto personale che potremmo ascrivere senza problemi entro l’etichetta “internazionale”, per quanto questo termine, a livello musicale, abbia una scarsa valenza pratica. Tranne che in Italia, sintomo della nostra poca propensione con le lingue straniere e determinate sonorità che, nello Stivale, fanno esclusivamente capolino in rare manifestazioni dall’animo cosmopolita (come l’ Ypisgrock).
Eppure, internazionale risulta uno degli aggettivi adatti per descrivere Whoa, il primo lavoro con un etichetta importante della cantautrice fiorentina. Internazionale a partire dalla genesi: la cameretta, vero e proprio microcosmo di Alice, col missaggio professionale ultimato a New York a opera di Lucius Page e Robert LB Dorsey, vincitore di un Grammy. Un passaggio fondamentale che mantiene fervida la componente homemade dell’album allontanandolo però dalla dimensione lo-fi che ha contraddistinto Born in the Woods, disco d'esordio.
Whoa è un album partorito in Toscana e generato in giro per il mondo, nelle sale d’attesa degli aeroporti, nei viaggi in treno tra un concerto in apertura a PJ Harvey e uno a Mac DeMarco, nel suo alloggio newyorkese. Esperienza americana che credo si sia rivelata fondamentale nell’adozione di nuove sonorità, nuovi ritmi e sfumature dalla musica black, andando a determinare un ibrido mai definibile che parte dal dream pop per sfociare in allusioni jazz, hip-hop, soul o marcatamente r’n’b (come nella riuscitissima Ultraviolet) senza intaccarne la leggerezza, la delicata armonia compositiva o sminuire la dimensione onirica e quasi ovattata che ne ha accompagnato l’intera produzione. Il tocco blasè. Evolvendo da un approccio alla Bon Iver della Maremma per proporre un lavoro più complesso e allo stesso tempo diretto, sfaccettato e personale, un intimistico bedroom pop (come molti l’hanno definito) che di volta in volta prende una piega diversa: da Natasha Bedingfield ai Daughter, dagli XX a Keren Ann.
Più che un urlo di speranza, Whoa è un grido di liberazione per una ragazza che ha finalmente imboccato il proprio percorso, ha trovato una dimensione artistica personale e calzante con la propria figura allontanandosi dai toni seppia del debutto per lasciar spazio a tutta una serie di nuove sfumature, ancora tenui ma sorprendentemente brillanti.
Un lavoro egregio.
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La recensione WHOA di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-03-10 11:33:00
COMMENTI (1)
Volevo dire a Birthh che è fantastica e che in un percorso estemporaneo potrebbe sperimentare la sua musica con l'Italiano. Credo che sarebbe un orgasmo!