Marco Colonna e i suoi clarinetti, in un tributo meraviglioso alla figura di Maria Lai.
Nel settembre del 1981 Maria Lai mise in atto la più celebre operazione-dispositivo d'arte relazionale, "Legarsi alla montagna", insieme agli abitanti di Ulassai, piccolo paese dell'Ogliastra, nel nuorese. Era qualcosa che da un lato aveva un legame con la tradizione profonda e radicatissima del luogo in questione, con riferimenti mitici, mentre dall'altro si connetteva con una riflessione di stampo più filosofico e politico. Il tema della connessione relazionale come luogo stesso dell'arte, in opposizione alla comunicazione globale e omologata. Arte come divenire, dove contribuiscono i fruitori nell'attribuzione di significati e sottotrame.
Il nuovo disco di Marco Colonna è dedicato proprio a Maria Lai. Si tratta di un'operazione assolutamente inedita e sbalorditiva. Il musicista laziale lavora totalmente da solista, adopera due clarinetti (quello basso e quello non), e ne manipola talvolta il suono con una loop station. Un particolarissimo e minuzioso lavoro di di miscela dell'acustico, delle note per quello che sono quando escono dallo strumento che le ha prodotte.
I "Fili" del titolo sono le interconnessioni personali che si creano tra i partecipanti dell'opera d'arte, ma sono anche i nastri che vennero legati alle porte delle case durante "Legarsi alla montagna". E nella traccia omonima al disco, i fili si percepiscono quasi fisicamente, grazie ai suoni sordi presenti in tutti i primi minuti, e vengono tolti mano a mano dalla campana del clarinetto, che riesce infine a vibrare di note piene.
La concretezza tangibile della musica è ricorrente in tutto questo strano viaggio. Dalla creazione di immagini astratte alla percezione uditiva delle chiavi che vengono pigiate senza timore del rumore. Marco Colonna non la vuole smaterializzare questa musica, e in questo modo ci fa sentire la vita che ci sta dietro.
Questa vita scorre talvolta come una danza fatta di piccoli passi ("Pane"), altre come un lamento cantato con voce languida ("Farina e pianto"), sempre vera e viva, a prenderci d'assalto.
Opera d'arte ostica, multidisciplinare perchè legata a doppio filo con forme d'arte altre rispetto alla musica, "Fili" è un disco per chi vuole impegnarsi, per chi vuole ricercare una radice, che sia del suono, del comucare, del contatto, da cui partire per trovare le nostre personalissime forme di vita. Prezioso come i telai d'oro, intessuti dalle Janas, in cima ai loro nuraghi.
---
La recensione Fili di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-03-28 01:35:05
COMMENTI