YouTube fa cacare, i Futuryo invece no.
Simone Santoro (in arte YTFC o Tutubo) è attualmente uno dei più iconici personaggi del web. Testa pensante (insieme a Mr. Marra e Mr. Flame) del podcast più iconico dell’internet (ah no, i podcast stanno solo su Spotify, lol), ove, di recente, è anche stata dissata (si fa per dire) una collaboratrice di Rockit rea d’aver accusato il trio in un suo recente articolo (su un’altra testata, sia chiaro). Pur non condividendone a pieno ogni opinione, trovo molto interessante i temi proposti dal format, gli argomenti trattati, nonché, l’incessante battaglia contro l’imperante (e deleterio) buonismo che i tre moschettieri di Twitch combattono, ormai, da almeno due anni. La loro trasmissione mi tiene compagnia quasi tutte le sere, forse non sarò il loro più grande fan, ma sono sicuramente un affezionato del Cerbero. Diciamo francamente che a me il Cerbero piace. E, in particolare, adoro la sua sigla.
Il brano che apre ogni puntata del podcast è anche il brano più iconico delle band di Simone, normale quindi fossi ben ferrato sull’uscita del suo primo ep. Ep che, pur di parte, cercherò di recensire con un criterio obiettivamente professionale. YTFC sarebbe quindi un personaggio interessante da approfondire a prescindere, ma il nostro è un magazine musicale ed è noto il meccanismo entro il quale diversi youtuber, ormai acclamati, si siano gettati nel music business spinti dai numeri. Giustificando la propria ragione artistica in views (ne avevamo parlato qui anche con Nelson dei Rovere).
Il primo album dei Futuryo non segue nessuna moda. Simone si è cimentato con la musica prima di diventare YTFC, ancora oggi, continua a studiarla, come in qualsiasi ragazzo che svolge un mestiere mentre coltiva il sogno di sfondare con la propria band. Non fosse che questo mestiere gli ha dato una certa notorietà, esponendolo a critiche immotivate ma, allo stesso tempo -considerato il successo del podcast- esonerandolo da ogni pressione compositiva, esiliando le logiche del clickbait al Cerbero in favore di una totale libertà artistica.
Elio e le storie tese della rivoluzione telematica. Cyao ha l’unico difetto di librarsi in quella bolla internettiana-memistica che implicata una non-totale presa sul serio dei Futuryo, una formazione di cazzoni con innegabili doti tecniche. Doti tecniche che emergono dalle svariate sfumature del disco, totalmente intriso da una venatura nostalgica ben riassunta dall’estetica vaporwave impressa a tutto il progetto, che si libra tra il più quotato rock, nazionale e internazionale, degli anni 90 (dall’andatura lenta dei Radiohead all’ermetismo ricercato dei Verdena) al cantautorato leggero ma artificioso degli anni 80 (un nome su tutti quello di Battiato), senza scomodare i Beatles, pervenendo a un sound coerente che ricorda da vicino la versione più prog dei migliori Meganoidi.
Un album che merita un ascolto a prescindere dal Cerbero. YouTube fa cacare, i Futuryo invece no.
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La recensione Cyao di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-02 13:47:00
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