Che poi, ad ascoltarlo distrattamente, neanche diresti che si tratta del nuovo disco dei Tellaro. Proprio loro, quelli dell’EP omonimo uscito lo scorso anno per i tedeschi della 2nd Rec, un piccolo gioiello tra indie-rock e folk (come dire, esuberanza e malinconia). Quegli stessi Tellaro che dal vivo buttano nel cesso le chitarre acustiche per suonare più aggressivi e dinamici di qualsiasi gruppo noise. Con la pubblicazione del primo lavoro sulla lunga distanza, “Setback On The Right Track”, il quartetto siciliano sembra vestire i panni di un discolo impertinente che si diverte a far disperare tutti coloro che cercano di stare dietro a questi repentini cambi di registro. L’ultimo dei quali prende corpo sotto il nome di indietronica.
Ma se, nella forma, i Tellaro virano verso basi elettroniche e tastiere vellutate, nella sostanza la loro musica si conferma ancora una volta non per qualità o quantità, ma per quantità di qualità. Bastano d’altronde i cinque minuti scarsi di “1985” per ritrovarsi coinvolti emotivamente in un’atmosfera fatta di ritmiche irregolari, voci sussurrate e arrangiamenti orchestrali da ascoltare col cuore in mano e la desolazione nell’anima. Ma oltre alla tristezza c’è anche il tempo dei sorrisi, per lanciarsi in un ballo divertito e sgraziato con “Terracotta”, splendido esempio di come gli anni ’80 abbiano lasciato qualcosa di più – e di meglio – di una prescindibile “Like A Virgin”. La ballata pianistica in tono minore di “56.000 Rui”, invece, riabbassa i toni verso una musicalità più cupa e nostalgica, abbandonando quelle soluzioni elettroniche che caratterizzano buona parte del cd.
“Setback on the right track” è un disco maturo, dotato di un fascino che – vale la pena ricordarlo – emerge nel tempo. Ma è anche un lavoro che grida vendetta. Perché è davvero un peccato vederlo pubblicato da un’etichetta straniera, ennesima dimostrazione di quella fuga di cervelli che l’Italia – in questo caso la musica indipendente – da anni subisce passivamente. Tanto di cappello, comunque, ai Tellaro, che sono riusciti ad esportare i loro brani nella terra dell’indietronica, la Germania. A conti fatti, quasi come vendere ghiaccioli al Polo Nord.
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