Anche senza cambiare strada, Cabeki e la sua one-man orchestra stupiscono sempre
Cabeki è uno di quegli artisti che ti aiuta a capire quanto dietro il mondo dei ‘turnisti’, quei musicisti che vediamo sul palco ad accompagnare gli artisti titolari della ditta, spesso considerati meri ‘esecutori’ (come se fosse poco), in realtà si cela un universo di progetti inediti e creatività, senza nulla da invidiare a nessuno. Per esempio, il veronese Cabeki, al secolo Andrea Faccioli, ha calcato il palco con Baustelle e Le Luci Della Centrale Elettrica, fra gli altri, ma da tre dischi è impegnato in un progetto solista sorprendente; una one-man band in cui lui si sdoppia, e più, fra chitarra acustica, loop, synth e drum-machine. Sta qui l’informazione che è importante possedere per capire Cabeki, perché a sentirli, i brani parrebbero suonati in più riprese: invece tutto l’album è registrato in presa diretta, con gli strumenti suonati contemporaneamente, come dal vivo. Le mani sulla chitarra acustica, col suono splittato in quattro canali effettati diversamente, i piedi sul controller del synth e sulla drum machine a pedale. ‘Da qui i grattacieli erano meravigliosi’ è la terza fatica in studio di Cabeki, e continua grosso modo sulle stesse coordinate delle precedenti: chitarra tra il folk/blues e la classica, texture ambient e melodie spaziose di synth, stratificazioni elettroniche intessute dalla drum machine. Una serie di elementi tutto sommato limitata, ma da cui, gestiti con la precisione dell’alchimista, esce fuori una cornucopia di suoni e linguaggi diversi: chitarra classica iberica e gamelan DIY (Al futuro), folk americano (Steli di cristallo), kraut-pop ipnagogico (Fra cielo e terra), citazioni pinkfloydiane (Oscurati dalle nuvole), library music italiana anni ‘60 (Alberi nel deserto), ambient retrofuturista (I grattacieli erano meravigliosi), e con un po’ di immaginazione si potrebbe continuare a scovare riferimenti e suggestioni. Se non si ha l’impressione di un coacervo di input troppo diversi è solo perché arrangiamento, esecuzione e suono hanno un carattere distintivo, che dona coesione all’album e gli cuce addosso una tonalità emotiva sfuggente ma inconfondibile. E’ uno sguardo a metà tra il sognante e la contemplazione malinconica della caducità, una postura che l’album trasmette giocando fra la musica e quello che, in questo contesto, più assomiglia a dei testi. Spesso, in un disco strumentale, capita che i titoli facciano le veci dei versi nel comunicare suggestioni e riferimenti; qui Cabeki fa un passo ulteriore, perché gli otto titoli del lavoro, messi in fila, regalano una poesia che ne racconta perfettamente il tono, chiudendo il cerchio di un album cesellato con cura e dedizione encomiabili: Oscurati dalle nuvole / Da qui / I grattacieli erano meravigliosi / Alberi nel deserto / Steli di cristallo /Al futuro /Una fragile memoria
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La recensione Da qui i grattacieli erano meravigliosi di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-21 21:15:04
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