Torna la band siciliana circondandosi di presagi noise, voluttuosità post-rock, deviazioni urban, riff sbilenchi, effusioni jazz e dissonanze lisergiche
I Suzanne’Silver sono una band che lavora con passione e sa come far le cose per bene, anche perché non hanno mai avuto fretta di pubblicare. Sono sempre stati così: il loro primo disco, “The Crying Mary”, è stato sfornato nel 2007, a più di 10 anni dalla loro formazione, avvenuta nel lontano 1996. Da quel momento il combo siciliano ha dato alle stampe altri due album in studio (“Deadband” e “Like Lazarus”), due dischi live (“La Madonna Soprattutto” e “Miracoli”) e il brevissimo quanto sorprendente EP “The Game”. Oggi quindi, dopo quasi un quarto di secolo di attività, è giunta l’ora per i Suzanne’Silver di pubblicare finalmente il loro album eponimo, forse la chiusura di un primo capitolo di storia della band o una riflessione in musica per tirare le somme su questi primi anni di attività.
Circondandosi, tramite l’artwork, di scenari rosa chewin gum masticati da un fumatore accanito che li sfuma di grigio tabacco, la “deadband” di Siracusa ha quindi inanellato questa nuova “sporca dozzina” di tracce offrendoci un lavoro da sorseggiare con calma, come il miglior distillato, mentre sorso dopo sorso ci vengono aperte le porte della percezione. Già con la morbidezza psichedelica dalle ritmiche cangianti del brano introduttivo, “Fiddle Satan Tango Electro”, l’aria vintage si condensa in nubi tossiche che si sciolgono un po’ alla volta nelle soluzioni alcoliche e blueseggianti di “5.99 Whiskey To Find The Words”, pezzo che termina con un’improvvisa impennata funky. Di qui in poi le prospettive cambieranno continuamente, mostrando contemporaneamente tutti i profili di questo prisma creativo chiamato Suzanne’Silver. I rocker trinacri forgiano così, con estrema disinvoltura, brani più nebbiosi e diluiti (su tutti va citata “Spasticus (Cock Beard)” con la voce che sembra fuoriuscire dall’interno di una bottiglia di Jack Daniels) e magici giri su giostre allucinate (come in “Bubble Rainbows Poseidon”, uno dei pezzi migliori) fino a far calare il sipario rosa nell’intimità di “Morse”, che sembra assopirsi nella fiducia di un nuovo risveglio.
Tra presagi noise, voluttuosità post-rock, deviazioni urban, riff sbilenchi, effusioni jazz e dissonanze lisergiche che si accarezzano tra loro, questo disco fonde i generi e distorce la realtà provocando illusioni ottiche che ci proiettano fin nei pertugi più oscuri dell’inconscio traghettati dalla folle creatura chiamata Suzanne’Silver.
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La recensione Suzanne'Silver di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-22 21:29:52
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