Un ruggente tributo al grunge degli anni che furono.
Gli Aymara rientrano perfettamente nella categoria di band nostalgiche degli anni novanta. Categoria che poi è suddivisa in due: chi ci è soltanto rimasto sotto, e chi sa suonare per davvero. Siamo per fortuna nel secondo caso. La band bresciana (formata da ex componenti di altri due gruppi in attività da un buon ventennio) dal fatidico decennio del grunge ha preso non solo le ispirazioni, ma anche l'energia sparata a duemila, la voce incazzata, e i breakdown coraggiosi e violenti (per fortuna, parte seconda).
I richiami sono i Soundgarden, i Nirvana più violenti, Pearl Jam degli esordi (con le dovute considerazioni sui trent'anni che sono passati). Non certo roba fresca, sia chiaro; tuttavia sono due le cose che permettono agli Aymara di non cadere subito nel dimenticatoio, dopo un ascolto al loro disco d'esordio. Si tratta di due sforzi, due tentativi audaci.
Innanzi tutti, si staccano dall'inglese per la stesura dei testi, cosa che, per i veterani del genere, può sembrare un azzardo a metà tra il sacrilego e l'impensabile. I testi non brillano per poesia, non mordono particolarmente, nonostante la rabbia comunicata. Tuttavia il suono delle parole e l'incastro delle frasi si mescolano perfettamente coi ritmi e i distorsori. Sembra un italiano che suona come inglese.
Altra cosa fondamentale è che la band non si lascia prendere dal giovanilismo. Non sono più ragazzini, e si sente. Si sente la maturità, si sentono gli anni di esperienza, si sente che non si deve aver per forza vent'anni per ruggire in questo modo. Apprezzabile e soprattutto onesto.
Più in generale "Aymara" è un lavoro omogeneo, compatto, senza nulla che vada a intaccare il sound da puristi. Non mancano le chicche, come il richiamo al ritornello di "School" dei Nirvana nella traccia "Schiaffi in faccia", o una scansione alla Axel Rose in "Porgi l'altra guancia" ("parla di te-iei").
Pur non portando assolutamente nulla di nuovo nella scena del rock, è un disco che sarà apprezzato da chi sogna ancora quel Pinkpop 1992, da chi vorrebbe tornare in quegli spiazzi terrosi e sudati.
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La recensione "Aymara" di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-04-27 18:38:47
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