Si torna indietro di più di quarant’anni con la band meneghina che scatena atmosfere apocalittiche tra virtuosismi e cavalcate sonore
Che la musica degli Alchemy Divine faccia fare un triplo salto carpiato all’indietro nel tempo non è una novità. Sin dagli albori infatti la band italo-tedesca ha manifestato apertamente la propria affiliazione al filone del rock virtuoso degli Eighties, senza lesinare comunque sfumature diverse, dall’hard rock di poco antecedente fino all’AOR e addirittura all’heavy metal.
Con “Crushed” le cose non cambiano. La voce potente e scura di Francesca Mantovani si destreggia tra aspre melodie e teatralità trainando le indomabili chitarre, un basso solido e muscoloso e la batteria che sprigiona tre quarti dell’energia dei brani a suon di cavalcate su piatti e tamburi. La formula del quartetto di stanza a Milano è fedele agli standard del periodo ma i punti di forza degli Alchemy Divine sono sicuramente il devastante impatto sonoro e il virtuosismo sventagliato con naturalezza da ciascun membro del gruppo. Già “Running of time”, con le sue ritmiche pulsanti e le sue atmosfere apocalittiche, mette subito le carte in tavola. A rincarare la dose ci pensano pezzi come “The prey”, con le trame strumentali che diffondono scosse elettriche, e la frenetica “Life” con i suoi riff impetuosi. Degno finale giunge con “What I can do” che riassume tutta l’energia del disco in poco meno di quattro minuti davvero esplosivi.
La ben selezionata nicchia di pubblico a cui la musica degli Alchemy Divine si rivolge, in questo disco troverà certamente di che godere.
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La recensione Crushed di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-05-09 11:41:01
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