Un disco di passaggio che guarda al futuro con qualità ma che rimane legato al passato
Sono passati ben sei anni dall’ultima uscita discografica dei veneti “Isole di Ceramica”, quel “Jonah EP” che da queste parti era stato criticato per una eccessiva aderenza al sound dei Novanta.
Il nuovo lavoro “Starfish”, sette brani per mezz’ora abbondante di musica, si presenta, come dichiarato dalla band, come un disco di passaggio, visto il tempo trascorso e l’ingresso di nuovi elementi nella formazione. Il desiderio di guardare oltre, in effetti, si percepisce dalle tante sfumature che si possono cogliere durante l’ascolto: attenzione ai suoni, arrangiamenti molto ben scritti, ottime armonizzazioni e una certa cura per il dettaglio.
Il sound, d’altra parte, è rimasto coerente con quello che la band ha prodotto fin qui: non sono cambiati i modelli di riferimento, né il modo di intendere la musica.
Una scelta che può essere interpretata come un limite o come un’incapacità di valicare determinati confini, oppure come il desiderio di muoversi proprio in quella direzione, cercando di migliorare il risultato avvicinandosi il più possibile ai propri obiettivi.
In questo senso, “Starfish” può considerarsi senza dubbio un discreto passo in avanti in termini di composizione e di sonorità e la band ne è certamente consapevole. A loro la scelta su cosa vorranno diventare.
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La recensione Starfish di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-06-15 17:31:44
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