Gli Enten Hitti colpiscono ancora con un disco di canzoni appassionate tra l'ambient e la sperimentazione
Talvolta, per comunicare davvero, bisogna creare una musica che abbatta le diversità e scarti le differenze fra gli uomini; qualcosa, come una formula creativa, volta all’impeto della sperimentazione, alla pulsazione dei corpi, alla creazione di uno spazio ampio dove si muova il suono. Il mondo è grande, la musica etnica ancora di più. Inseguendo suggestioni ambient, gli Enten Hitti viaggiano nell’etere della ricerca sonora da sempre: quella che pratica l’arte del rivitalizzare storie su tappeti musicali inediti e appassionanti. Oboe, steel drum, metallofono, corno, violino, contrabbasso costituiscono alcuni degli strumenti che celebrano “A tutti gli uragani che ci passarono accanto”: canzoni create tra il 2000 e il 2005 sulla base di un contratto con Giovanni Lindo Ferretti e Zamboni e mai pubblicate.
L’album non è fatto di interpretazioni ma di espressioni e le voci che ascolti ti guardano negli occhi. Non possono mentire nella “Casa dei pensieri”: quelli fatti di ombre, di venti, di illusioni, di libri, di luce e di ombre. E nemmeno in “Luna di pietra” dichiarano il falso, portandoci all’interno di un viaggio nel tempo, quello dell’esistenza. Le canzoni escono naturali, perdono la bussola e dimenticano le coordinate geografiche; per un attimo sono in Africa (“Le mani d’Africa”), poi si lasciano sospingere dal vento di città (“Vento lento”) e scaldare dal sole nella strada (“C’è il sole nella strada”). Dichiarano amore perduto in “Necramor” e un mare da attraversare nel sole del mattino (“Figlia dell’acqua e del sole del mattino”) per approdare a nuovi paesi, colori e profumi; il tutto condito da sonorità affascinanti, disseminate di suggestioni lontane.
Un disco di “uragani, soli splendenti, utopie, amori perduti” fatto per sognatori raminghi in viaggio verso sud.
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La recensione A tutti gli uragani che ci passarono accanto di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-05-30 22:20:00
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