Il ritorno dei Simon Dietzsche. Rock ingessato e poco incisivo.
Quando i Simon Dietzsche debuttavano nel lontano 1980, l'Italia si stava preparando all'ondata new wave che la stava per investire. Al momento del loro ep di debutto, nel 1987, già si cantavano i pezzi dei Diaframma, e i Litfiba erano intenti nel portare in giro per il paese quel gran disco che era 17 Re. I giovani genovesi la seguivano questa nuova onda, ma si sentiva nella loro musica meno cupezza, meno rabbia o introspezione. Le canzoni avevano un colpo di coda figlio della musica degli anni '60. The Rokes un po' più darkettoni. Così è stato anche per l'album di debutto, Se non ora quando, dalle aure quasi sanremesi.
Oggi i Simon Dietzsche sono diventati grandi, si sono fermati per molti anni. Balleremo ancora -prodotto da Marco Mori per Materiali Musicali Edizioni- è la loro seconda pubbicazione dopo la rinascita. Di tempo ne è trascorso dai tempi d'oro, e si sente un po' di stanchezza nelle parole come nel sound. La malinconia è dilagante, ma le soluzioni musicali non convincono più così tanto.
Il rock dei Simon Dietzsche pare essersi ingessato troppo, ha perso quello smalto e quel dinamismo che si sentiva nel 1993. Le soluzioni chitarristiche ammiccanti ai The Cure sono state sostituite da strutture più standardizzate e poco incisivi, e da strani inserti elettronici, messi qua e là tra i distorsori -si veda per esempio M.A.M.A.
Il momento migliore del disco è senza dubbio la parte centrale. Un paio di ballate che ricordano vagamente i Pooh, alleggeriscono il mood, prima del nuovo incombere dello spettro del Piero Pelù degli ultimi tempi; prima che L'onore perduto faccia tornare la confusione. Batteria dal suono sordo, un pianoforte che ci azzecca poco. Mala Tempora non migliora affatto le cose, e con un'outro recitato in latino apre la strada al gran finale. Gli accendini sono tutti al cielo, il plettro scorre sull'acustica, il solo arriva puntuale a due terzi di durata. La dedica, sentitissima, è a Raul Pon, bassista della band scomparso ormai da più di trent'anni.
Balleremo Ancora non convince granchè. Si tratta di un disco affaticato, e un po' di fatica la percepiamo anche noi durante l'ascolto.
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La recensione Balleremo Ancora di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-06-26 18:33:08
COMMENTI (5)
Scusa @Gloria1974 ma mi inserisco nella discussione perché pur riconoscendo alla tua “difesa appassionata” parecchie ragioni, non possiamo accettare attacchi ed insulti personali ed offensivi, che oltretutto svicolano dal contesto e non rendono giustizia neppure al disco ed alla stessa band (come scrive qui sotto Gabriele, in maniera comprensibilmente stizzìta e piccata).
Le critiche vanno accettate e le recensioni pure , a maggior ragione se negative come questa. E pur non condividendo nulla di quanto scritto (ghe mancheiva ancu’) vedremo di trarre qualche lezione lo stesso.
Grazie per il commento finale sul live...speriamo di poterci vedere presto in quella dimensione
@Gloria1974 grazie delle belle parole, ma ho anche dei difetti. Mi fa specie che, nonostante la sua adulta e vaccinata età, lei non sia riuscita a spiccicare mezza parola che entrasse nel merito della recensione. Alquanto bizzarro.
Il riferimento ai Pooh non è stato fatto in modo ironico. Forse che lei sia prevenuta nei confronti di questa band? Non vedo come un paragone del genere debba suscitare necessariamente effetti negativi.
Non vedo dove io possa aver fatto sfoggio della mia cultura da bignami/Wikipedia, se fosse così gentile da riportarmi i passaggi, perché proprio non li trovo.
Inoltre, il fatto che una band sia come dice lei “storica”, non li rende immuni da una recensione non positiva.
Penso che i Simon Dietzsche si meritino di più questa recensione dove sono spiegati i motivi del non totale gradimento dell’album (in modo rispettoso), piuttosto che un commento rissoso e superficiale come questo, degno di un tifoso e non di un amante di musica.
Ps. Sorvolo su trap e “indie” che è meglio.
Non sono assolutamente d'accordo, la new wave come la conosciamo noi nativi dell'epoca, non esiste più, tutto si modifica e cambia e qui , a mio avviso sta la bravura dei Simon.
Facciamo chiarezza :
La matrice é new wave ma io ci sento anche il primo garage rock dei REM e di tutto quel filone americano garage underground, soprattutto made USA, di metà anni 80'.
Anche qualcosa dei Marillon e del primo Liga.
Questa si chiama contaminazione, cioè evoluzione, quindi progresso, per cui una tendenza positiva , non solo nell'ambito musicale.
Ma poi scusate , avete sentito con attenzione le parole delle loro canzoni ?..
Macigni scagliati contro l'ipocrisia della società attuale che accetta tutto , teorizzando il nulla.
Infine voglio spendere due parole sui componenti della band dal cantante solista ad ogni singolo strumentista...tutti funzionali alla loro idea di musica.
Non serve essere tecnicamente dei virtuosi, servono idee , cuore e passione !
Long live good music !
Una serie di minchiate supportate da una “cultura” che una volta avremmo definito da “bignami” , ma che questo pivelletto presuntuoso oggi può aver acquisito solo da Wikipedia...la citazione dei Pooh è veramente imbarazzante.
Ho letto che è del 1999: ma come sceglie i recensori rockit? E soprattutto con che criterio affida la recensione di un disco così complesso di una band storica (seppure molto underground) ad un ragazzo evidentemente inadeguato , magari non per colpa sua, per forma mentis, per distanza generazionale e per manifesta incapacità di elaborazione di un concetto un po’ più complesso? Sarà mica un fan della trap? O della merda ignobilmente definita indie, che va tanto di moda in qst anni ignoranti?
Comunque i Simon dietzsche (che ho visto recentemente dal vivo e mi hanno entusiasmato) hanno spalle larghe e forti e sopravviveranno anche a questa recensione ridicola
Può non piacerti ma non capisco il senso di pubblicare una recensione negativa su un gruppo storico che si è rimesso in gioco con entusiasmo in un momento e in un panorama musicale italiano drammatico ...