Ascolto e ad un tratto: “Non puoi trovare sempre parole senza un errore". Suona come una verità. E menomale. Sbagliare è spesso l’unico modo per guardare da un’altra parte, scoprendo così la giusta direzione. Il lavoro dei Miriam, band torinese che sposa l’elettronica alla forma-canzone, può sintetizzarsi in questo inciampo consapevole, da cui ripartire sempre per nuove vie. Lo dimostra la loro storia artistica, fatta di tentativi, impegno, volontà e cambiamenti. Lo dimostrano i due brani contenuti in “Sospesi in un istante”, il loro primo singolo, interessante esperimento compatto di fusione tra tendenze melodiche ed atmosfere analogiche e digitali.
C’è un tocco quasi naif in questi due brani che si muovono sul filo di un precipizio sonoro, volutamente cercato. C’è stile, specie nel secondo, “Segala e mastica”, che trovo il più riuscito e coinvolgente. Già dall’intro si capisce, infatti, che la voglia di sperimentare non manca loro. Voglia che però non si traduce nell’intento di stupire ad ogni costo: i Miriam non cercano lo shock, vogliono piuttosto destare vigile attenzione. Lo fanno mischiando alle chitarre strumentazioni analogiche, virtuali e digitali. E poi campionatore e synth. Ma non alla Radiohead di Kid A e nemmeno ispirandosi al rock elettronico intellettuale di Brian Eno. Lo fanno col gusto della misura, con due voci (maschile e femminile) capaci di modularsi discretamente nei toni decisi e quasi urlati, e con testi che rivelano una buona capacità compositiva. Specie per una caratteristica: a tratti la metrica delle parole sembra svincolarsi dall’intreccio che la melodia imporrebbe loro, per graffiare dissonante e così colpire meglio. La traccia video di "Segala e mastica", realizzato da Utensileria Moreto (collettivo artistico torinese) e registrato negli studi di CasaSonica, riflette questa inclinazione, mantenendo una semplicità di fondo che valorizza il brano, grazie all’essenzialità della location, all’escamotage di una regia sussultoria e discontinua che mischia le immagini alla parole scritta ed infine alla mancanza di una vera e propria trama a sostegno dell’esecuzione sonora. Così il testo può amplificarsi al meglio nella sua asciuttezza comunicativa.
Forrest Gump diceva che la vita è come una scatola di cioccolatini: non sai mai cosa c’è dentro. Io non gli ho mai creduto tanto, perché quando ne compro una ci trovo sempre lo stesso tipo. Eppure è capitata una cosa… Ho scoperto per caso che durante la rassegna Patchanka Summer 05, zona Certaldo, colline toscane, vino buono e bel panorama, si è svolto poco tempo fa Patchanka Race, primo contest di un concorso che punta a mettere in mostra alcune realtà musicali. E chi ti scopro tra i finalisti ed infine vincitori? Proprio loro, i Miriam. Una notizia che mi ha fatto piacere, un confronto ulteriore che li spingerà a migliorarsi ancora. Che il mondo fosse piccolo lo sapevo (specie quando cerco parcheggio). Ma che Forrest Gump avesse ragione proprio non me lo immaginavo.
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