A tredici anni di distanza da “Appunti sonori per una cosmogonia cosmica”, Il Castello delle Uova si rifà vivo con un ennesimo concept-album. Al centro de “L’enigma del capitale” trovano ospitalità la critica al neo liberismo, la lotta alla mafia, la tragedia dell’ultimo conflitto mondiale, in un flusso narrativo complesso e potente, percorso da testi duri, a volte messi assieme facendo ricorso alla tecnica dello spoken word (come nel caso di “Il flusso si interrompe”, con lo speech di David Konstan, professore emerito della New York University, o di “Vito viva!”, ovvero l’uccisione del sindacalista Vito Pipitone descritta dal compagno di lotte Gaspare Li Causi).
Il disco alterna momenti di cupezza a esplosioni di potenti bordate di ispirazione hard, attraversate da guizzi di elettronica, bagliori post-rock, illuminazioni prog (si sente, a tratti, l’influenza dei King Crimson), pennellate psichedeliche. “L’enigma del capitale”, a dirla tutta, possiede una non nascosta attitudine progressive (che dire, peraltro, della ragione sociale?): a sottolinearlo la tortuosa “Distruzione creatrice sulla terra” o l’incisiva “Evoluzione”. La dimostrazione di come la band siciliana ami spostare il proprio baricentro spalmandolo su diversi piani di azione, nella speranza di centrifugare i propri messaggi in una sorta di allargamento della coscienza civile. Non a caso, il comunicato stampa redatto in occasione dell’uscita dell’album parla chiaro: “L’enigma del capitale è anche – vuole fortemente essere – un messaggio di speranza, perché solo dalle crisi possono nascere le utopie: pugni in alto e chiusi come antenne verso il cielo!”.
Un disco che merita, nonostante una resa sonora non proprio all’altezza.
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