Capire il disco dei This Harmony è un’operazione che richiede quanto meno un po’ d’accortezza, e l’abilità di destreggiarsi su più piani senza correre il rischio di eccedere arrivando a dissertazioni inconcludenti. Più o meno lo stesso limite del disco in sé.
Album autoprodotto d’esordio, più che un demo, il lavoro prende il proprio titolo dall’espressione araba che indica la notte amica, il suadente abbraccio delle tenebre tra i suoi suoni morbidi ed i primi, unici, risvegli dell’alba. Ben realizzato e progettato, il disco appare curato anche nei dettagli che vanno al di là dell’espressione musicale, presentandosi con una confezione cartonata a due ante, delicata e dal sapore antico, con annessa etichetta adesiva su disco a testimonianza della voglia di presentare un progetto che comunichi il proprio spirito ed intenzioni in ogni suo aspetto.
La scelta della tracklist non ordinata segue l’idea di un percorso libero ed “ipertestuale”, fruizione della musica cui ci ha abituato anche il medium CD dopo l’utilizzo sequenziale delle vecchie audiocassette: i brani sono infatti senza un preciso ordine, e la numerazione a primo acchito incomprensibile fa riferimento invece ad un’ordinazione cronologica di composizione dei brani suggerendo contemporaneamente almeno due chiavi d’ascolto, arrivando a svincolare completamente da qualsiasi obbligo di fruizione. I titoli - vaghi - seguono la poetica kandinskjiana che la band ha fatto propria, nel tentativo di non definire con un’etichetta la singola opera, ma di amalgamare il tutto in un crogiolo indefinibile di emozioni espresse nell’esecuzione e suscitate direttamente dai suoni reinterpretati dall’ascoltatore finale.
Molti spunti interessanti e coinvolgenti, emotivamente stimolanti per un disco ben fatto e ben suonato. Tuttavia - scriveva Bazìn, riferendosi al cinema - l’arte non è arte senza una teoria, e forse questa è la pecca riscontrabile nell’esordio di questo gruppo comunque assolutamente valido. I titoli evasivi della tracklist danno una mano a capire: improvvisazione, impressione. Ciò che si riscontra talvolta è l’eccessiva libertà che rischia di non concretizzare idee in risultati che siano effettivamente comunicativi ordinando efficacemente il caos in una poetica che conservi l’irrazionalità dello stupire. L’impressione che si ha talvolta è quella di ascoltare una lunga jam session eseguita in sala, di assistere ad una “prova aperta” in cui validi esecutori si abbandonano a virtuosismi a discapito della composizione, correndo talvolta il rischio di fare troppo affidamento sulla sola presenza di uno strumento un po’ più “esotico” - e sicuramente eccezionale - come il violino (peraltro ottimamente suonato) per fare la differenza. Se questo è talvolta vero, non è sicuramente vero sempre: c’è anzi spazio nel disco in massima parte per ottimi spunti e si passa da momenti profondamente meditativi a ballate veloci ed elettrizzanti, probabilmente ancora più efficaci in un’esibizione live. Senza dubbio i This Harmony si rivelano un’ensemble di ottimi musicisti, che proprio per questo dovrebbe evitare il rischio (marginale) di non finalizzare in modo adeguato i propri sforzi. Per non perdere le proprie, ottime possibilità.
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La recensione Leila Saida (demo) di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-11-07 00:00:00
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