World fusion fra Oriente e America latina, in un incrocio di performance acustiche e jazz rock
Prima che si parlasse di global bass e di world electronica, accanto alla world music in senso stretto esisteva un altro punto di incrocio fra i suoni della tradizione globale e quelli della musica occidentale contemporanea, soprattutto jazz e pop, che andava sotto il nome di world fusion. Otras tierras è un progetto strumentale che si colloca a metà fra questa scuola e una visione più contemporanea ed elettronica, orientata più che alla bass culture ad una visione melodica e suggestiva, che alterna toni chill out ad enfasi cinematografica. Una commistione in qualche modo scritta nelle biografie dei due titolari del progetto, uno chitarrista flamenco di origini argentine e l’altro compositore di jazz ed elettronica. L’asse in cui si situa la loro ricerca è una diagonale, ma anche una sorta di spettro che parte da dall’oriente e arriva alla penisola iberica, per poi allungarsi fino all’America latina.Un altro spettro è quello di strumentazione e suoni, che va da performance di chitarra classica, flauto e pianoforte ad arrangiamenti sintetici, sample e suoni elettrici. Immaginato una sorta di piano cartesiano geografico e sonoro, in vari punti del diagramma troviamo differenti equilibri tra elementi acustici ed elettronici, tra diverse ispirazioni sonore e atmosfere: trip hop (Dancing in Blue Shadows), latin jazz (Rosas Negras), milonga acustica per chitarra (Milonga de Mis Recuerdos), arab lounge a base di campioni (Cloud Forest). La qualità delle produzioni è buona, le idee potranno sembrare già sentite ma raccontano un utilizzo consapevole dei riferimenti scelti e dei loro incroci. A frenare un po’ l’entusiasmo ci sono i momenti dove l’elemento fusion prevale nettamente sulle ispirazioni world, ridotte a delle vaghe suggestioni genericamente “esotiche”, dal sapore un po’ new age, in una cornice da jazz rock anni ‘80 non troppo entusiasmante (On a Crystal Night, Blue Sun). Forse è solo una questione di gusto, ma crediamo che nel 2020 scelte del genere possano appesantire un ascolto che, invece, spesso è accattivante e sempre ben realizzato.
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La recensione Open Doors di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2021-01-16 16:01:13
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