Split Noio; volevam suonar 2020 - Cantautoriale

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No, non è più una poesia di Totò. È la quarantena in sintesi. Ed è bellissimo scoprire che queste sono parole tratte da uno dei brani di Noio, volevam suonar.

Quando mi hanno chiesto di recensire questo disco sono rimasto qualche minuto a pensare se avesse senso farlo. Se fosse cosa utile tentare di spiegarne in qualche modo contesto, realizzazione, punti forti e deboli, insomma le cose che di solito si scrivono in una rece. Solitamente è possibile raccontare un disco in due modi. O almeno questo è ciò che ho sempre pensato. Spesso chi scrive di musica, soprattutto oggi, finisce per uscire da un tracciato e invece di dar risalto a un’opera d’arte, parlare di essa, punta tutto, dritto dritto, al proprio ego. Guarda quante cose so, di cosa sono capace, chi sono io. Il particolarissimo e nefasto periodo storico che stiamo vivendo ha invece annullato ogni cosa. Il virus ha colpito chiunque. Senza distinzione di status sociale o qualunque altra variabile.

Totò, in una sua celeberrima poesia apostrofa la morte “A Livella”. "A morte ‘o ssaje ched'e?…è una livella. ‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo, trasenno stu canciello ha fatt’o punto c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme: tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?”. Così scriveva Antonio De Curtis nella sua lirica più conosciuta. “Essere tutto essere niente. Tempo ce n'è, potere ne abbiamo. Tutti d'accordo e mò che cazzo facciamo?” No, non è più una poesia di Totò. È la quarantena in sintesi. E se ci pensi, tu che leggi questo delirio mio, è stato proprio così. Ed è bellissimo scoprire che queste sono parole tratte da uno dei brani di Noio, volevam suonar.

E sì, esatto, Totò è ovunque, proprio così, e questa è un altro aspetto magnifico di questo album gigantesco, scaturito da menti tanto brillanti quanto diaboliche quali EddaGianni Maroccolo sono. In breve: si tratta di uno dei pochi dischi di quest’anno che sono riuscito ad ascoltare tutto, fino in fondo, senza pause, d’un fiato. Un flusso di coscienza che ancora un po’ e diventa metaforicamente quasi il nostro personale joyciano Ulisse di questa prima metà (no, siamo solo a metà?) di questo 2020 devastante. Le mie track preferite: Stai zitta, Servi dei servi e Castelli di sabbia. Quando a tratti riesci a risalire dal fondo in cui Edda e Marok ti trascinano e guardi la copertina del disco e vedi Totò e Peppino, ma con la faccia di Stefano e Gianni, nella celebre scena di Milano, un po’ scappa da ridere. Sperduti in terra “straniera”. Come sempre siamo noi esseri umani in questo mondo. Solo che ce ne accorgiamo raramente ormai.

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La recensione Noio; volevam suonar di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2020-07-03 01:17:00

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